Wednesday, December 11, 2013

Alcune persone si rompono

Alcune persone si rompono
le unghie delle dita
delle mani
sul legno delle porte chiuse
a grattare testardi
e sicuri
che prima o poi
qualcuno aprirà
perché il tempo per loro
non esiste
come per i gatti
che insistono stolidi e stupidi
e pensano che il tempo
sia loro
e invece no.
Alcune persone si rompono
a un certo punto
in un modo
che pare senza preavviso
e in realtà
sono lo stesso
ramo d'albero
che si spezza
e un po' si sapeva
che il peso sostenuto
appeso
troppo a lungo non piega
in eterno non piega
ma spezza
con un suono
che rincorri per tutta una vita.
Alcune persone si rompono
negli incavi dei gomiti
perché prendono acqua
sotto la doccia
perché pensano e piangono
sotto la doccia
e mica son fatti
come i battelli:
li prende la ruggine
e l'acqua li assottiglia
e le braccia non alzano più
neanche se stesse
figurarsi un figlio o un regalo.
Figurarsi un saluto
o una carezza o un addio.
Alcune persone si rompono
ai margini di quello che accade
spettatori infiniti che scelgono
di prendere parte
solo quando conviene.
Alcune persone si rompono
Come gli uccelli
Che vivono senza il ritorno
E a fine giornata
Gridano
Gridano e impazziscono
Isterici nel cielo
Perché pensano
Che tutto stia per finire
Con la fine del giorno
Con la fine della luce
Tutto stia un'altra volta
Per finire.
Alcune persone si rompono
e perdono il fiato
si mangiano l'aria
l'aspirano ovunque
da chi li circonda
più spesso con baci
ma anche parlando.
Poi esplodono di vuoto
e quelli son pezzi
difficili da rimettere assieme
s'è mai visto un palloncino
tornare a sbandare nel cielo
dopo essere esploso
in mano a un bambino?
Alcune persone si rompono
perché gli finisce la musica
dentro
e quando si tolgono
giacche, magliette e maglioni
poi fanno quel suono
del disco nel punto
più liscio
un suono da esterno
notte cosmico
da esterno satellite
che ha preso un'orbita
piccola
sempre più piccola
che sfida quarantacinque giri
di collasso.
Alcune persone si rompono
e pensano di essere intere
invece son pezzi di una persona più grande
un golem, un gigante
e loro non sanno
che non possono essere altro
che un braccio
una gamba
un orecchio o un pezzo di naso.
Alcune persone si rompono
e viene da dire: peccato.
Alcune persone si rompono
perché sono troppo distanti
altre si sfasciano piano
e perdono strati
e stagioni
e dopo a rimettersi insieme
gli tocca rifarle al contrario.
Alcune persone si rompono
perché non ritornano a casa
son lì che camminano sovrappensiero
e perdono il filo di ciò che è importante
gironzolano tutti confusi
per qualche minuto di troppo
ed ecco che i piedi si staccano
e pure qualcosa
nel petto.
Alcune persone si rompono
o forse sarà che è banale
ma a un certo punto
si rompono tutti.
Io dove mi sono spaccato lo so
e come per gli altri
è stato un momento preciso
che il peggio di me mi ricorda
ogni volta
che sto per sbagliare.
Tu quando mi pensi
vedrai
che io ti riaggiusto
paziente con colla e col legno
con chiodi e fili di rame d'acciaio
e di stagno
rifaccio ogni cosa che manca
e prima che venga notte
sarai ancora in piedi
e prima che venga notte
sarò ancora in piedi
e nuovi e vecchi
ci incontreremo in cucina
sarò quello che cigola e tu
sarai quella bella e più bella di prima.

Tuesday, November 19, 2013

Pugni chiusi

Dove sta,
qui o qua?
Ci sono due pugni chiusi
stretti
ho cinque anni e
ci rifletto 
ci penso
a lungo.
Io credo di saperlo, io
credo di
capirlo dal tremore
appena percettibile
di una delle mani
o forse è un'intuizione
o forse mi stai suggerendo
qualcosa
o forse è quel fatto del cuore
la parte sinistra
più grande
ci pensi
al respiro
a sinistra
ci pensi
un corpo diverso
per sempre?

Dove sta
qui o qua?
è il pugno di sinistra
c'è un trucco
mi sembra più grande
dell'altro
ho cinque anni
e metto a fuoco
i poteri
che credo mi abbia passato
un cane bianco 
gigante
quella volta che ho fissato
troppo a lungo la sua iride
Io ho i poteri
che non si vedono
ad esempio
capisco sempre se
una porta viene sbattuta
per la corrente che si crea
in corridoio
o un gesto di rabbia
che arriva
con la rincorsa
da molto lontano.

Dove sta
qui o qua?
La verità,
non lo so,
la verità 
è che io
non lo so.
E mi arrendo
con la pancia 
che si scioglie
finalmente
fin dentro le caviglie
e fin dentro
le scarpe allacciate
strettissime
Mi arrendo e non mi importa
che cos'è
e se c'è
e se sta qui
o qua,
basta che il pugno 
che la nasconde
la conservi
con cura.
Per sempre
con tutta
la cura che
un pugno chiuso 
può.

Wednesday, September 04, 2013

La terra vista dal mare (as-sestante)

Tutta una vita
presa sulla distanza
e questo difficile
abituarsi alla lontananza
che c'entra poi mica nulla
col vento
c'entra tanto invece
molto più del previsto
con la capacità di uscire
e entrare nei porti
attraccare e mollando
gli ormeggi, salpare.
Per poi arrivare a sera in un'isola
che, non fosse per il mare,
sarebbe un angolo lunare
con un cielo che strepita
gradienti incredibilmente regolari:
tipo "aggiungi nuovo livello" al tramonto
finché non è l'ora di dormire.
E la mattina svegliarsi
individuare una sagoma a riva
che si sbraccia in gestacci
al tuo indirizzo.
Scrutare riparandosi dal sole
vedersi sulla spiaggia
e chiedersi:
Che cavolo ci faccio lì
se sono appena presente
visto l'orario
a me stesso qui.
E come in quella
barzelletta vecchissima
urlare: spostati, tu!
E sentirlo risponderti
con la tua stessa voce:
Sei tu, caro mio
a doverti abbandonare.
Cambia rotta, ché ormai
hai fatto più di dieci giri
parallelici del globo per mare
e hai mancato tutti i continenti
in cui ti saresti dovuto fermare.
Un paio di volte già ce ne vuole
ma la tua - credimi -
è un'abilità particolare
ci vuole un'ostinazione
fuori dal comune
una vocazione a sbagliare.

Il tempo ti rende legno
umide le mani e i polpastrelli
la lingua che impiega
più del previsto
a riconoscere i sapori.
I segni sul viso
gli occhi abbagliati
per sempre dal sole
e una nostalgia della terra
- ferma la terra
immobile il tuo terrore
di non cambiare più -
difficile da spiegare.
Il tempo ti rende cima
che odora di sale rancido
come le camicie attaccate
alle promesse che per primo
mantieni a te stesso
e a nessun altro parli
e a nessun altro ammetti
quanto vorresti credere
di poter dire: mi fermo qui
posso restare?

Allora ti butti in acqua
nuoti male come male sai stare
su quello che ti sostiene
anche se non sembra
anche se c'è un modo
e solo uno
di andare a fondo.
Raggiungi la riva e te
che ti aspetti scuotendo la testa
Ce ne hai messo di tempo, ti dice
Ci ho messo il tempo che ci ho messo
- rispondi.
Ora spostati e lasciami
in pace
a prendere questo sole
di mattina che smeriglia
gli occhi
lasciami invadere
e respirare.

Friday, July 19, 2013

Da questo lato del letto

Il mio lato del letto
mi immagino che
quando mi sveglio
prima di te
e tu vai a occupare
quella striscia di lenzuola
territorio conteso in conflitto
tra ciò che sogno e
i mostri che sconfiggo
mi immagino
tu ci trovi delle pieghe
che sono i segni
della mia schiena
che sprimaccia solchi
a forma di
sistemi montuosi e mari
tutta una mappa
geofisica, caldina
e un po' del mio odore
della notte
mischiato a quello del risveglio.

Il mio lato del letto
è quello che raggiungi
nelle prime ore del mattino
quando mi alzo
sempre troppo presto
e mi controllo allo specchio
se sono ancora intero
per via del conflitto
nella striscia di lenzuola
e poi ti guardo
che ti giri
e invadi il territorio
caldino, geofisico
neanche tanto pacificamente
attacchi con tre
senza obiettivi
se non quello di prenderti
il tuo spazio
che è tuo e
ogni giorno costruisco 
allargando i confini
sempre più grandi
geofisici, caldini.

Thursday, July 18, 2013

La solitudine è una frequenza

La solitudine
è una frequenza
i radioamatori lo sanno
lo sanno bene
per questo si danno dei nomi
buffissimi e impossibili
- alfanumerici -
per non farsi intrappolare
casomai dovessero incappare
in quella frequenza letale
che spegne le luci
stacca la corrente
degrada il suono delle voci
della voglia di parlare
persino tra due
- o più -
incappati in quella palude
mortifera di megahertz
che frùscia sorda
di un rumore più che bianco
grigiolino.
Un fruscio che rischia di far impazzire
persino i CB più all'avanguardia
perché
la solitudine è una frequenza
e lo capisci quando
su certe vecchie radio
premi per sbaglio il tasto
della modulazione di ampiezza
e nello spazio vuoto che intercorre
tra le pochissime stazioni che trasmettono
programmi che
vengono da epoche lontane
- nonostante la programmazione -
ti sembra di sentire una voce.
L'unica che non ti aspettavi.
Afferri la manopola della sintonia
come fosse il braccio
di chi è già pronto ad andarsene
e invece
non sta parlando
- non stai parlando -
proprio con nessuno.


* il titolo è ispirato a questo articolo

Thursday, May 23, 2013

Riflesso di immersione

Affanno
le tre bracciate
a separare l'acqua
sipario scostato
che mi riportano
in scena, in superficie
- tremola la luce
in immersione
tremola ogni cosa
nella risalita -
stordito
nelle orecchie a decomprimersi
un suono come folla
e voi che siete là
e a me che per un attimo
mi passa quasi la voglia:
non voglio vedervi,
non ho nulla,
ma proprio nulla
da dirvi.
Né voi, d'altronde, a me.
Invece vorrei capovolgermi
a perpendicolo riscendere
sul fondo
quel posto dove persino i pesci
mi stanno simpatici
perché conoscono la gravità
della terra
pur senza quella faccenda di ritmo
del doverci poggiare i piedi
uno
davanti
all'altro
ammesso di voler andare
- e cos'altro ci rimane poi
da fare?
C'è un ultimo sforzo
prima di svegliarsi
riemergere
davanti a tutti voi
accenno gli occhi fuori e
l'aria mi fa male
vi guardo
e vi dico:
"facciamo un patto
io e voi.
Facciamo un patto,
ora che ancora
non sono uscito del tutto.
Facciamo - vi dico -
facciamo che io non torno
coi pesci sul fondo
del mare
che non mi riaddormento
che inizio di nuovo:
così come ogni giorno.
Facciamo che voi
però
tutti
nessuno escluso
- neanche tu in terza fila
che sbuffi e controlli
le uscite di sicurezza -
facciamo che tutti
da adesso
vi lasciate
amare".

Friday, April 12, 2013

Le tre guerre d'indipendenza


I
Non sono neanche nato
e già
l'unica guerra che combatto
è per la Bellezza.
Qualcosa che la protegga
e faccia sentire protetto
anche me
finché l'uovo non si rompe
e sei costretto a nascere
finché fuori è un posto
diverso dai geni in cui
non vuoi riconoscerti
dai segni con cui
impari a descriverti.
E il campo di battaglia odora
di sconfitta prevedibile
di Tegolino abbandonato
sul fondo della cartella
dove neanche le schegge
dei pastelli
spuntati
possono più nulla.

II
Sulla panoplia ordinati
silenzio e solitudine:
armi bianche devastanti
peggio di un kriss malese.
Inizi a collezionarle
quando scopri che i desideri
hanno i loro intoppi
e lo capisci dal rumore
di scarpe da ginnastica
incagliate sul linoleum.
Contare i giri di campo.
Misurare il perimetro
di ogni sfida
di ogni limite superato.
Non sei ancora oltre, ragazzo,
ma non stare a pensarci.
Non troppo.
Piégati e spèzzati
rompi e paga
ché i cocci sono tuoi
comunque vada.

III
Questo presente è il tempo
questo persempre è il tempo
di oggi e di domani
in cui si riprende fiato
il tempo in cui
non si reagisce e si impara
a incassare si impara.
La fiducia che
a un colpo subìto
andato
a segno ieri
non seguirà il tuo
oggi.
Perché sarai a un incontro
diverso.
Tutta la vita a allenarsi davanti
a uno specchio e
'stavolta, per una volta
è il turno delle tue ombre
da schivare e colpire.
Inchiodare
- preciso -
sul muro.

Friday, February 15, 2013

Vestizione


In rassegna
davanti allo specchio
controllo
di poter uscire
di essere pronto
per quando mi vedrai
davanti e intorno agli occhi
mi vedrai.
Le spalle le ho
le mani
mi tremano un po'
le braccia resistono
ai carichi e scarichi
dell'acqua al mio mulino
di tutte le volte in cui
mi sono addormentato
e portato a letto da solo.
La pancia è un po' gonfia
farfalle e rimorsi,
ma più le farfalle
e un'aiuola di terra color caffè
seminata a grano e sorrisi
deglutiti.
Il petto respira
più in basso la voglia
e qualche aritmico spavento
per quando il coraggio lo trovo
nei passi che corro tornando
a dirti che - scusa -
io proprio alle volte mi sbaglio.
A dirti che - scusa -
io proprio alle volte confondo
il senso di meritarmi l'affetto
figurarsi l'amore
se mi pare mai giusto, per me.
Controllo le gambe allora
per questo ritorno
fortuna che i piedi li appoggio con cura
perché le ginocchia mi tremano un po'.
Mi pare ci sia quasi tutto
mi pare,
ma quando sto per infilare un sorriso
mi accorgo di un ciuffo
un mazzo di capelli
di erba selvatica da estirpare
tu entri a quel punto
e usi le dita di pettine che scioglie i nodi
rimetti quel ciuffo al suo posto
e dici "sei bello, andiamo
ché siamo in ritardo".

Friday, January 25, 2013

Nello spazio profondo


Nello spazio profondo
dopo aver chiamato a casa
e lasciato numerosi messaggi
in segreteria
per i giorni
e gli anni luce a venire
- nell'eventualità di buchi neri
o tempeste solari -
dopo aver fatto
la manutenzione
dell'astronave,
mangiato con la cannuccia,
lavato i piatti fluttuando,
e fatto i bisogni fisiologici
con le dovute accortezze,
nello spazio profondo
dopo si esce a passeggiare
con gesti lentissimi
e una sottile nostalgia di casa
che suona come il conto alla rovescia
dei metri che mancano
alla chiave nella toppa
o all'impatto con l'atmosfera
di chi intanto prepara la cena.
Si cammina come portando fuori il cane
nello spazio profondo,
ma senza il cane
- se capite cosa voglio dire -
e non si incontra mai nessuno
neanche dalle parti
della prima bandiera sulla Luna
dove immagini di tirare il calcio d'angolo del secolo
per un cross in orbita
infinito
(ti vengono dei pensieri strani
nello spazio profondo).
Si fanno delle lunghe passeggiate
nello spazio profondo
per via della relatività del tempo
e di tutte le cose
visibili e invisibili
che sono lontane,
ma lontanissime davvero:
più lontane ancora
di quelle da cui sei scampato
perché hai avuto fortuna
e si dissolvono distanti
velocissime.
Più lontane,
di più
che ti scappa da ridere
e una lacrima che non esce
perché - dicono -
nello spazio profondo
in assenza di gravità
non si può piangere.

Friday, January 04, 2013

Solo dirti sì


Ti leggo gli occhi
quando guardi
le cose accanto a me
pagine su pagine
ci sfoglio ciò che vedo
e lo voglio
ancor di più.
Ecco perché
tu sei tutti i miei sì
perfino quelli
stropicciati dai no
perfino quelli
detti nell'imbuto
delle grondaie
a far risalire
i giorni di pioggia
perfino quelli
zittiti quando scarti
i regali a mezzanotte
perfino quelli
piantati nell'orto dei forse
cresciuti insieme all'insalata
e a tutti i maramao
schiantati in fila per sei
col resto di due
come i soldi pagati da chi
al mercato
il passato comprò.

Spioventi


Intanto, nella stanza accanto
è notte alta
e sono sveglio
son lì che mi arrovello
e mi rivesto e mi rispoglio
e mi rivesto
e mi rispoglio
e mi rivesto
ma poi
non mi rispoglio
(ché dopo mi raffreddo).
Invece esco
vado in balcone
e mi immagino coperto
di tegole rossicce
squamato in terracotta
che faccio dei bei suoni
se piove
tipo marimba, se piove.
Mi immagino di essere
un tetto semovente
riparo per buoni
ma non per i cattivi
(a quelli
una goccia che stilla
fetente nel colletto).
Un tetto che si sposta
che segue chi ha bisogno
d'altronde basta poco
un angolo un po' acuto
e un po' retto
per diventare casa
di chi ti vuole con sé.