Il mago Flux perse le doti di illusionista il giorno del suo ventinovesimo compleanno. Più corretto sarebbe dire che le dimenticò. Tutte in una volta sola. Se ne accorse davanti allo specchio. Aveva appena finito di radersi. Tentò il numero del rasoio: un gesto impercettibile, trasferiva l'arnese dalla mano all'interno del bicchiere di ceramica. Chiuso. Una cosa da dilettanti, un divertissement per tenere le dita in esercizio. Pochi istanti dopo, invece, il rasoio oscillava nel lavabo e sul suo mignolo fioriva una linea rossa.
"Opporcaputt...".
Ne parlò circospetto con Lothar: centoventi chili di domatore di tigri austriaco.
"Nulla. Non mi ricordo nulla."
"Provato con cilindro?"
"Macché, niente."
"Fa' cose semplici. Tipo giochi di moneta."
"Lothar, è inutile. Non riesco neppure a indovinare una carta."
"Allora situazione è grave. Spettacolo?"
"Ho già avvisato. Mal di stomaco."
"Riposa. Dorme. Domani riprova. Scusa, c'ho tigre con problema."
"Ancora il singhiozzo?"
"Ja.."
"..."
Il giorno successivo Flux era sempre privo dei suoi talenti. Decise di confessare tutto a Mr. Badmington, il proprietario del circo che, preoccupato, lo indirizzò subito a un vecchio collega.
Il mago Astolfo, fatta eccezione per un nome d'arte di illustre discendenza, non aveva ormai più nulla degli altisonanti toni da illusionista. Viveva al pianterreno di un palazzo assolutamente anonimo, perennemente intabarrato in una vestaglia di un mesto tessuto scozzese e distratto dalla sua stessa ombra. L'unico incongruo segno dei fasti trascorsi era la camicia bianca, inamidata in modo inappuntabile, che si ostinava ancora ad indossare. A Flux l'appellativo scivolò di bocca:
"Maestro, ho un problema"
"Mi hanno riferito tutto. Badmington è molto preoccupato. Dice che sei bravo, uno dei migliori. L'ho già rassicurato: sono cose che capitano".
"Quindi non è irrimediabile?"
"Dipende", rispose affondando l'indice in un vaso di fiori.
"...Da cosa?"
"Oh, da un sacco di cose...". Una pianta di gerani sbucò dal foro praticato nel terriccio.
"...E' difficile?"
"Nulla che non si possa ottenere con la giusta dose di pazienza. Pazienza e cotolette, mio caro".
"...cotolette?".
"Cotolette. Panàte. Scusa, è la fame. Tu non hai fame? E' ora di pranzo. Mangiamo".
"..."
Il mago Astolfo si fece raccontare tutto. Eventuali sintomi, incidenti, traumi, avvenimenti casuali, chiese perfino uno stralcio di anamnesi familiare. Quando erano ormai alla fine del pasto, prese un lungo respiro e indicò con un cenno della testa la mano di Flux.
"E' un cucchiaio. Stai sbucciando la mela con un cucchiaio".
"Opporcaputt'..."
"Non è grave. E' scomodo, ma non grave".
"...mi scusi, sono preoccupato. Lei capisce, Maestro: il mio lavoro, il circo, la carriera..."
"Sono stato io".
"Ah."
"Non è vero. Ma avrei potuto. Il punto è che, senza neanche volerlo, hai causato un'illusione".
"..."
"Fino a qualche istante prima, non mi ero accorto del cucchiaio. Credevo stessi usando il coltello. Come chiunque. Capisci? Volevo vederti usare il coltello".
"Però questo non significa che ne sono in grado consapevolmente! Non ho riacquistato le mie capacità".
"No, infatti. Per riavere quelle devi convincere chi hai davanti che il coltello è diventato cucchiaio nelle tue mani. Che sei stato tu".
"..."
"..."
"Maestro, dorme?"
"No, autoipnosi".
Una settimana di riabilitazione fu sufficiente. Il mago Astolfo osservò il suo nuovo allievo far scomparire nell'ordine: varie posate, un cuscino, sette o otto -difficile appurare- cotolette (panàte), cinque rotoli di carta igienica, due saponette, cinque calzini, dodici penne a sfera. Gli oggetti riapparirono il più delle volte nella posizione originaria (centimetro più, centimetro meno), ogni tanto invece fu necessario cercarli un po' in giro per l'appartamento. I progressi -tuttavia- erano evidenti.
La sera della rentrée, Flux si comportò egregiamente. Mr. Badmington assistette all'esibizione dall'accesso alle quinte, insieme al mago Astolfo e a Lothar: i tre si sgomitavano approvazione entusiasta. Nessuno di loro, però, mancò di notare una specie di smarrimento sorridente negli occhi di Flux. Una sorta di stupore che seguiva ogni illusione.
Durante la cena, dopo lo spettacolo, Lothar e Flux si ritrovarono seduti di fianco.
"Come sta la tigre?"
"Meglio. Fatto bere acqua. Piscia tanto ma nicht mehr singhiozzo.
E tu? Ricorda illusioni, ora?"
"Oh, sì".
2 comments:
non lo so, la fine non mi convince, se posso permettermi. mi aspettavo qualcosa di più. mi sono perso qualcosa? non ho capito? dico davvero, eh, non ho un filo di ironia.
[il piccolo giorgio legge sempre qua, scostantemente come sempre ma insomma]
Ciao Giorgio :)
Questo raccontino c'ha un sacco di difetti che riconosco. Tra i tanti, uno è di essere rimasto in gestazione più del dovuto. Un altro sta nel tentativo balordo di affermare (?) contemporaneamente una cosa e il suo contrario, riguardo alle 'illusioni'. Quindi il finale (di quelli che chiamo "a struscio di puntina" -come quando finisce il lato di un vinile, per capirci) effettivamente è un po' scivoloso e poco preciso. Diciamo che non ho messo sufficientemente il dito nella piaga. E tutto sommato me lo perdono (per il momento ;)
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