Qualcosa da dichiarare?
mi chiede
al varco del finestrino
ci fossero due calzini stesi
sarebbe da affacciarsi
"un attimo che ritiro
i panni".
Invece dico
le cose da dire,
tre cose -dichiaro:
mi piacciono gli alberi
le punte delle dita
i modi gentili.
Il tizio annuisce
si liscia la divisa
e scrive.
Io guardo se per caso
non son caduti giù
dei calzini
ché poi mi tocca scendere.
Qualcosa da tacere?
mi chiede.
Che cacchio di domanda
-penso
se sono da tacere,
perché le dovrei dire?
Ma questi sono strani
dovessero arrabbiarsi
rispondo
ché qua non si sa mai.
Rispondo.
Il prezzo del dolore
il mistero prima di un 'sì'
i lati 'b' dei quarantacinque giri.
Eh?
Eh.
Non so se ha presente,
che spesso son più belli
e li ricordano in pochi:
è come un segreto
tra intimi
e certi segreti
son cose da tacere
perlopiù.
La penna oscilla
insieme alla testa
un ampio respiro burocratico
e:
Ne mancano tre
tre cose da dimenticare.
Quando si passa una frontiera
c'è sempre qualcosa da lasciar andare.
Sarei tentato
di aprire il portabagagli
e dire:
faccia lei
prenda un po' quello che le pare
ché io se devo dirla tutta
non son mica tanto capace
di dimenticare.
E se poi quello
sceglie di buttare
chessò
qualcosa che mi può
tornare utile?
No grazie,
faccio da me.
Allora.
Il prezzo del dolore...
L'ha già detto, non vale.
Volevo vedere se stava attento.
Ricominci, piuttosto
invece di fare il furbo.
Ci penso.
Propongo.
Ma se invece di dimenticare
mi tenessi il ricordo
senza starlo troppo
inutilmente
a rivangare?
Ci pensa.
Si guarda attorno.
Si può fare.
Che faccio, vado?
Vada.
Scusi...
Ci son mica dei calzini
giù sotto?
Circolare.
(grazie a C. per l'idea)
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