Friday, October 26, 2007

Pescetti




- Ti do tre pescetti di liquirizia.
- No.
- Cinque.
- Non se ne parla.
- Dieci.
- E' tardi, devo andare.
- ...e va bene: quindici. Ma rallenti.
- Per rallentare ce ne vogliono venti.
- Te ne do quindici e rallenti. Oppure lo dico a tua zia.
- Quindici. Affarefatto.

La Iris è mia cugina. E' la ragazza più bella del paese. Per me è solo mia cugina e non capisco perché tutti le muoiono dietro. Specialmente quando mette il profumo finto francese che puzza e mi rimane sulla camicia e poi gli amici mi dicono che sembro finocchio.
Però mia zia mi chiede di accompagnarla quando fa la passeggiata del pomeriggio. La devo accompagnare fino al "Sali e Tabacchi" e non oltre. La devo accompagnare perché ha tanti corteggiatori e non si deve pensare male. Allora hanno iniziato a prendermi da parte.

- Falla passare davanti al biliardo.
- Non si può. E' dopo il "Sali e Tabacchi": non si può.
- Allora davanti la Sezione.
- Ci stanno i comunisti. Non si può. Zia non vuole.
- Allora davanti al bar di Meco.
- E te che mi dai?

Io l'ho chiesto per scherzo. Un riflesso condizionato come quando sono in piazza e facciamo gli scambi. Io sono bravo agli scambi.

- Ti do 5 lire.
- Niente soldi ché poi babbo mi chiede dove li ho presi.
- Ti piacciono i pescetti?
- 'cci...
- Allora cinque pescetti se fai passare la Iris davanti al bar di Meco.
- Affarefatto.

Poi ho capito che quelli avrebbero pagato pure oro per veder passare la Iris. E ho alzato un po'. Si fa così. Io sono bravo agli scambi. Ora contratto per un quarto d'ora. Stanno tutti attorno e vince chi offre più pescetti. Di solito vince Mario, che è il figlio del fioraio davanti al camposanto e ha un sacco di soldi. Per l'extra chiedo di più. L'extra è quando dicono: "però rallenti". Devo trovare una scusa qualunque, così Iris cammina piano e loro possono cercare il coraggio per chiederle di andare a ballare. Io agli scambi sono bravo, ma di andare a ballare a una donna non glielo chiederò mai. E' troppo. Certi ragazzotti sbruffoni pezzi d'uomini che iniziano a sudare, guardano per terra, si lisciano i pantaloni e balbettano. Solo Samuele c'è riuscito e Iris dopo mi ha detto: "Vedi? Quello sembra il più fesso di tutti e invece è l'unico buono. E' l'unico gentile in mezzo a tutti quei senza cuore". A me Samuele sembra solo fesso, però probabilmente c'è qualcosa che non ho capito.
La Iris invece ha capito benissimo il mio 'commercio'. Fa finta di niente anche quando invento le scuse per farla rallentare. "Iris, ma hanno cambiato le decorazioni per la festa delle contrade?". Lei mi sorride, guarda in alto, le osserva a lungo anche se le conosce a memoria e dice: "No, mi sembrano sempre le stesse". Intanto sbircia dietro, come volesse assicurarsi che la guardino, ma senza esagerare. E che mi abbiano dato il giusto numero di pescetti. Ché corteggiare è una cosa fatta di coraggio, pescetti e di buone maniere. Alla Iris le piace Marcello Mastroianni, che è un attore famoso e fuma con la sigaretta appesa e c'ha uno sguardo che sembra sempre che si è svegliato da poco. Allora tutti i ragazzi hanno iniziato a fumare con la sigaretta appesa e lo sguardo da sonno. Stanno tutti lì al Corso Vecchio e sembrano tutti mezzi attori. Nessuno somiglia a Mastroianni tranne forse un po' Samuele. Mi sa che davvero c'è qualcosa che non ho capito.
In realtà io di ballare c'è una donna a cui lo chiederei. Si chiama Fiorella e ha un anno più di me. Però non possiamo mica andare a ballare in mezzo ai grandi quando c'è la musica e tutti si muovono velocissimi. Metti che inciampiamo o ci perdiamo oppure mi vede il babbo di Fiorella e mi piglia per un orecchio? Allora ho pensato che le chiedo di ballare appena si può. Intanto imparo come si invita e pure qualche passo di danza. Così poi faccio bella figura.

L'altro giorno c'era il cinema in piazza. Che è una cosa bellissima perché montano il telo bianco grande circa cinque volte un lenzuolo matrimoniale, aprono la scatola del proiettore e poi mettono una cosa che si chiama 'pizza', che è il nastro con le immagini. Il film, 'manco a dirlo, era un film con Marcello Mastroianni. Io mi sono seduto dove potevo seguire bene la storia, ma anche vedere Fiorella così capivo se le piaceva Mastroianni pure a lei e mi regolavo di conseguenza. Intanto mangiavo i pescetti di liquirizia. A un certo punto è arrivato Gianni che è un corteggiatore di Iris un po' agitato. Aveva bevuto parecchio e ha cominciato a tirare sassi che bucavano il telo con le immagini e a urlare "Mastroianni ti ammazzo! La Iris è solo mia". Io ho guardato Fiorella che si era spaventata e ho smesso di mangiare i pescetti.

Monday, October 08, 2007

Electrocute(d)




"Adesso ti faccio vedere una cosa" mi dice. "Però devi promettermi che non la farai mai e poi mai da solo. E' pericoloso".
"Se è pericoloso", le dico "è pericoloso anche per te".
"Sì, ma in due stiamo più attenti. In due, se a uno capita qualcosa, l'altro può avvertire qualcuno".
"Che cavolata", le dico.
"Sta' zitto e seguimi".
Piove tantissimo. Io non ho mai visto un'ostinazione come la sua per le pozze d'acqua. Entrare in una è divertente. La seconda regala ancora una certa euforia. Mirare alla terza è ormai una sfida ai calzini umidi. Per continuare bisogna avere proprio una fissazione particolare. Comunque. Piove tantissimo quando scendiamo dall'autobus.
"Ma i compiti non li facciamo?", le chiedo.
"Dopo. Ora promettimi che non farai mai da solo quello che sto per farti vedere".
"Prometto".
"Prometti per davvero".
"Occhei, prometto".
"Sulla testa di Carlotta".
"Carlotta mi piaceva l'anno scorso".
"Prometti sulla sua testa ché tanto se dici una bugia e le capita qualcosa mi sta antipatica".
Prometto. Siamo sul prato davanti all'ospedale di quelli che muoiono per finta. Quelli che muoiono per finta hanno delle malattie segrete che quando arriva il medico non gliele spiega neanche. Gli dice: avete una malattia che noi ci capiamo poco e niente, ma voi a un certo punto morite e quindi vi mettiamo qui che così non lo dovete spiegare a nessuno. Non siete obbligati. Come quando uno è triste e gli fanno un sacco di domande e quello dovrebbe spiegare una specie di malattia invisibile e allora si confonde e dice: "Non lo so". Sul prato c'è un cartello giallo. Basso, con scritto: "A 1m di profondità, cavi ad alta tensione". Io le urlo:
"Che vuoi fare? Guarda che saltiamo per aria. Te sei matta qua ci ammazziamo, ci friggiamo come le zanzare nelle luci blu".
"So quello che faccio", mi risponde. "Fidati: so quello che faccio. Zitto e aiutami".
Così cominciamo a scavare sotto la pioggia. Piccole buche come quando si semina. Sceglie il punto, io affondo l'indice nella terra zuppa bagnata e lei spinge dentro una cosa che non riesco a vedere. In superficie rimane solo un filo. Un filo della corrente con la gomma rossa che unisce tutte le cose che non riesco a vedere, sotterrate nel fango. Dall'altro lato del parco c'è un bar come quelli americani dei film. Quelli aperti anche di notte. Quelli in cui sembra non ci sia nessuno e invece entri e c'è sempre una persona che non avevi notato che sta lì con la testa un po' inclinata su una tazza che fuma e quando ci passi vicino per andare in bagno scopri che è vuota. Vuota e ancora bollente. La ragazza al bancone ci guarda senza fare nulla. Non avviserà nessuno. Non chiamerà la polizia né le guardie giurate: nessuno. Non farà nulla perché lavora al bar davanti l'ospedale di quelli che muoiono per finta e anche se fossimo in serio pericolo, per lei la vita ha un significato diverso. Ha un significato per finta e quindi non c'è da preoccuparsi. Quando finiamo di interrare tutto, ci sistemiamo sotto la tettoia. Lei tiene il filo elettrico nella mano e cerca un accendino nella tasca.
"Non farlo mai e poi mai da solo, occhei?".
"Sì, sì, te l'ho promesso".
"Carlotta è un cesso con lo sguardo da pesce, comunque".
"Non è vero, ma non mi piace più".
"Cretino. Guarda".
Avvicina la fiamma al filo che inizia a sfrigolare. La pioggia smette di cadere.
"Siamo fortunati. Ora osserva attentamente".
Quando il fuoco raggiunge il primo buco, c'è una piccola esplosione. Precisa e contenuta. Uno sbuffo di terra e l'erba attorno che si copre di una patina bluastra. Un crepitio che si diffonde come i cerchi nell'acqua. Man mano che i buchi esplodono, tutto il prato diventa un lago di corrente che si spande nervosa e fa tremolare la vista. Qualche residuo di mortaretto riprende a scoppiettare, c'è un suono di carta da regalo appallottolata. "E' bellissimo", riesco appena a dire. Lei sorride soddisfatta. Io penso a tutta l'alta tensione dei cavi a un metro di profondità che rispondono alle piccole detonazioni e rilasciano corrente e mi bruciano gli occhi: forse mi sta venendo la febbre, forse domani mi ammalo e non devo fare i compiti. Lei si avvicina, avvicina la bocca al mio orecchio umido e dice con la voce che ha le gocce d'acqua sulle labbra dice qualcosa e io esplodo con tutta l'elettricità al sicuro sotto la tettoia del bar dell'ospedale dove la gente muore per finta.