Sunday, March 18, 2012

Tagli


Rassegnarsi ai tagli
non è tanto per il segno
quell'ombra di bianco
che resta,
ma invece il problema
è lasciarli cicatrizzare
resistere alla tentazione
di sollevarne i lembi
per sbirciare.
Nei miei ogni tanto ci trovo
pagine da sfogliare,
animaletti che fanno
dei versi ritrosi
e meno spesso
luci come lucciole a ondeggiare.
Quasi mai sanguino.
Richiudo attentamente
incertotto o lecco
disinfetto:
la crosta è un seguito
che mette malinconia,
indica pazienza
e mi ricorda che
a guarire
ci vuol del tempo.
Per questo mi tormento
e con nonchalance la gratto via.
I tagli allora
- mi viene da pensare -
potrebbero piuttosto
essere fessure
di borse giganti
a forma di persone
come sacche da riempire.
Perciò, la prossima volta
che mi faccio male che
in qualche modo stupido
mi squarcio
ché quando c'è da fare
mi sento invincibile
indistruttibile, invece.
La prossima volta ti chiamo
e raduniamo
tutto quello che non ci piace più
tutto quello che è difficile smaltire
quello che in fondo
è solo il fondo melmoso
di certe notti buie come un barile.
Sollevo i lembi e
ficchiamo tutto dentro
come cannellone ripieno
raviolo ripieno
agnolotto ripieno
Di secondo?
Maialino ripieno
calamaro ripieno
Dolce?
Bigné ripieno 
(Caffè?
Sì.
Ammazzacaffè?
Amaro della casa c'è? Sì. Allora sì.)
Pigliamo tutto, dicevo,
farciamo e poi
lasciamo cicatrizzare.
Si mangeranno tutto
quegli animaletti dai versi ritrosi
sottopelle, per cena
al chiaro delle luci di lucciole
e qualche scorta per l'inverno
che ho appena finito di digerire.