Monday, October 08, 2012

La soluzione d'equilibrio


C'è un tempo in cui
ancora non lo sai
che puoi sbagliare
e non farci caso.
Ti sembra ragionevole
l'abbaglio della luce delle cose
per non dar modo al dubbio
per non dar corda al senso
che non cogli.
Com'è, come non è
finisce che passi
le estati in punizione
a ridipingere palizzate
scartavetrare e pittare:
un'espiazione zen
sotto il sole del primo pomeriggio
che invece di certezze
ti materializza davanti
allucinazioni a forma di Maestro Miyagi
e dei ceffoni cintura nera
- quinto dan -
precisi e piazzati
sulla collottola
ogni volta che tralasci gli interstizi.
Impari, quindi.
Ad abradere con insistenza
abbandonandoti al gesto
assottigliando lo spessore delle cose
in cerca dell'anima.
Dov'è l'anima quando
lisci la sostanza
delle persone
dov'è l'anima quando
invece sulla pelle
l'abrasione è un fiocco
a macchia di neve rossa
che rilascia segni
e sai che sotto
c'è carne
da far affiorare.

La soluzione
d'equilibrio è allora
uscire di notte
a misurare i parcheggi
il conteggio
dei posti ancora
disponibili
il limite di sosta
la fine del mondo
nelle vecchie automobili
che sono lì da sempre
sotto i coni di luce
intagliati nel buio
da lampioni altissimi
in prospettiva isometrica
e sgommate in lontananza
per uscire in fretta,
terrorizzati dal risucchio
di quel vuoto elicoidale.
Trascorrerci il tempo
in quei parcheggi
fino all'alba,
nel cuore
solo il conforto
di sbirciare un cruscotto
pieno di carte di caramelle
e un'unica frase possibile:
"non correre,
pensa a me"
Pensa a me.
Pensa a me.