Saturday, November 28, 2009

Di Quella Volta Che Ho Sorvolato Gli Anni Ottanta (e altre cose)

E così quel giorno
decisi che mi sarei costruito
un apparecchio volante:
una cosa di balsa e cartoncino bristol
bianco
e un po' pure celeste,
perché il cielo bisogna ingraziarselo
ricordandoci che siamo al di sotto
a fargli capire
che lo sappiamo che
comunque vada
stiamo sotto di lui
è un fatto gravitazionale
ma pure filosofico
nel senso di massimi sistemi.
Così quel giorno
decisi di salire sull'apparecchio volante
di mia propria invenzione
e farmi una sorvolata
ché le cose si capiscono dall'alto
inizialmente
dall'alto è meglio.
C'è quella cosa della
visione d'insieme
che a noi, in quanto umani
sprovvisti di ali, piume
e molto provvisti invece
della tendenza a ridurre ai minimi termini
- ché la vita ci pare riducibile, idioti -
finisce per mancarci,
la visione d'insieme.
Allora decisi di salire sull'apparecchio volante
di mia invenzione
e dare un'occhiata
dal di sopra
(comunque sotto il cielo, sempre in ogni caso,
dettagli celesti a parte).
E sorvolavo delle cose tonde.
Come -non so- per esempio,
mi sono messo a sorvolare gli anni ottanta.
Lo so, è strano,
ma già che c'ero mi sono detto:
perché no?
E ho sorvolato gli anni ottanta
e ho intravisto una trama, una specie di disegno nascosto
per cui tutto era nato dalla scoperta
del ph neutro e dello yogurt
elementi indispensabili per il benessere
assolutamente vertiginoso
degli anni ottanta.
Aggiungerei le Big Babol all'uva e quelle fragole e panna,
ma questa è una considerazione più mia,
una cosa non di progresso ma di sentimenti
tipo amore:
noi bambinetti degli anni ottanta
abbiamo saputo in anticipo
degli odori e i sapori da cercare
dalle Big Babol panna e fragola
altri odori e sapori più difficili da capire
dalle Big Babol all'uva.
Insomma, ero lì che sorvolavo
e delle cose mi apparivano chiare
delle altre meno perché la realtà
è fatta a strati arrotolati
tipo Girella
(ormai ero nel momento anni ottanta)
e mentre l'apparecchio volante
di balsa e bristol
fluttuava con sicumera sulle cose visibili
e quelle invisibili
e quelle un po' meno visibili
butto l'occhio e che ti vedo?
Un foglietto sulla spiaggia.
Non fatevi fregare dai dettagli, datemi retta.
Non lo fate ché è pericoloso
una cosa più pericolosa di mettere
le dita nella duevventi
(vabbè, no, era un paradosso per scoraggiarvi).
Datemi retta: non lo fate.
Io invece sì,
ché delle volte sono incosciente
come un cucciolo di panda ingozzato di songino,
quindi ho condotto sapientemente
l'apparecchio volante
di mia costruzione
fino alla spiaggia dov'era il foglietto:
mi son detto che magari
c'erano scritte delle cose importanti,
qualcosa al livello del ph neutro
delle Big Babol all'uva.
Una rivelazione.
L'ho tirato fuori dalla sabbia
era grande tipo post-it
ma bianco, come il bristol bianco
e c'era scritta una cosa
con una calligrafia
che stava su un altro post-it
che mi sono ricordato di avere.
Una calligrafia che mi ha fatto sorridere.
Mi sono immaginato
che era stato scritto su una tovaglia
con la mano un po' tremolante
emozionata
-era pur sempre una rivelazione-
c'era anche un disegno
una mappa, più propriamente.
Allora io ho saputo dove dovevo andare,
ma a piedi, senza apparecchio volante.
A piedi:
ché camminare è una cosa che mi piace
e perdermi con una mappa in tasca

ancora di più.

Monday, November 02, 2009

La gente sa delle cose di me (ma anche no)

Per via che io
di solito sono riservato
che tutti mi dicono
"Oh, ma quanto sei riservato!",
ma a volte no.
Per via di questo
e di altri fattori
che analizzerò più tardi
(volendo)
la gente sa delle cose di me
ma anche no.
Sanno per esempio
che io sono gentile
ché mi danno fastidio
le persone sgarbate
fosse per me
vivremmo tutti in una specie
di mondo
in cui ci si saluta,
cortesi.
Oppure alcuni sanno
del mio talento
quasi soprannaturale
nell'arrampicarmi sugli alberi
altri no, perché son riservato
e non è che sto lì
a vantarmi
perché sono uno
con poca autostima
per un fatto di educazione
e di questioni noiose da spiegare
in questa sede
un'altra, magari
(che significa invece: no
non mi va di raccontarlo
proprio mai).
Oppure altri sanno che
io c'ho le fobie numerologiche
tipo che le cose col cinque
vanno tutte bene
quelle col quattro
sono tipo la peste
per come le fuggo
- credo di avere del sangue
nipponico nelle vene
come forse si evince pure
dal taglio degli occhi
o magari
son tutte cazzate, non so.
Un'altra cosa che certi sanno
certuni altri no
è che mi piace quando
mi chiamano per nome
non quello completo, con tutte le lettere
che son tipo dodici
- la versione corta
di cinque (visto?) -
mi piace quando mi chiamano
mi pare che esisto,
ma in un senso ampio
di riconoscimento.
Oppure certi sanno
che io faccio alcune cose di nascosto
perché il mondo mi pare
delle volte mi pare
un posto non buio, per carità
ma scuretto, questo sì
e allora io
faccio delle cose
di nascosto
piccole
tipo mettere le caramelle nelle tasche
senza farmi accorgere
ché son discreto
e son capace
e poi le persone che mi piacciono
sorridono
e il mondo è un po' meno scuro.
Meno buio no:
quello quasi mai.
Poiché quando diventa buio
-occhio-
io ve lo dico:
lì son cazzi.
La gente sa
delle cose di me
perché a volte io parlo troppo
(tutto insieme, perché
di solito no)
tipo del mio anno
che ho perso,
oppure dei mostri
lungo il corridoio,
oppure anche di quanto bene
volevo ai miei nonni,
della mia paura delle galline,
delle cose stupide
che mi emozionano,
delle cose di sesso
che mi piacciono;
altri sanno che mi dimentico
sempre, mi scordo
come se avessi cent'anni
oppure del terrore che mi piglia
quando le cose non cambiano
o quando non posso rimediare
ché spesso faccio dei casini
(ora un po' meno, ma insomma).
La gente sa delle cose di me,
ma anche no.
Per esempio non sanno,
quasi nessuno,
- anzi: direi nessuno -
come io di baciarti
non smetterei
mai.
(Ora magari lo sapranno,
ma è diverso)