Friday, December 30, 2011

Canto di Natale


Tu scendi
dalle stelle
niente da dire:
ingresso coreografico,
hai stile.
Sento gli angeli
che strombazzano
'manco fosse una finale
la coppacampioni dell'Armageddon
odo
cherubini che si svociano
tipo Robert Plant
in un live del '75
vedo renne volanti
che sbandano
satelliti che
riprogrammano
milioni di televisori e
telecomandi impazziti.
Tu scendi
dalle stelle e
sfrigolano i neon
tempeste magnetiche
tormentano i roaming
friggono impianti elettrici
come crocchette friggono
come patatine friggono
i gatti si vanno a nascondere
sotto cumuli di panni sporchi
i cani escono e latrano
al ritmo di "Guarda che luna"
(guarda che mare
di stelle fuse
mentre tu scendi
dalle medesime).
Più che scendere - in realtà -
scivoli
incedi fluida
o Regina del Cielo
di tutte le galassie sbriciolate.
Cazzo, che gnocca! - pensano gli extraterrestri
e anche alcuni abitanti
non meglio identificati
della provincia di Isernia.
Hanno ragione,
ragione da vendere
mentre tu scendi dalle stelle
e dissipi ombre
notti nere come la pece nera
scendi e scendi ancora
io ti guardo da questo spiazzo
di niente apatico che è la mia vita
nel quarto d'ora in cui
torno a casa
e parcheggio mentre
il contachilometri della macchina
compone equazioni di secondo grado io
esco in questo spiazzo di niente apatico
di periferia romana
e tu sei lì, che scendi
scendi dalle stelle
punti il dito e
luminosa, scegli me.

Friday, December 16, 2011

Flap, flap, sbonk!


Flap, flap, sbonk!
È questo il suono che fa
l'atroce ostinazione tua
che ascolto rifilarti
oppure nei racconti
di altri
- che poi chissà com'è
vengono a dirlo a me.

Flap, flap, sbonk!
Falena su lampadina
mosca su finestra
piccione su bordo di balcone
su un fiore finto, il calabrone.

Flap, flap, sbonk!
Lancetta dei minuti
sul cinquantanove
oscillante, incastrata
minestra rancida
che - insisti -
è più buona riscaldata.

Se un tempo io, cretino
ho fatto da rimbalzo
adesso dopo il battito
mi alzo e poi mi scanso
accomodati pure
cocciuta vanità.
Accomodati e scusami:
ci ho altro io da fare
una cosa
goduriosa
più in là.

Wednesday, November 30, 2011

Le mani (oltre)


La prima volta che
ti son passato attraverso
avevo l'autunno nelle spalle
e pensavo non ti saresti
fermata.
E invece.
La mia mano t'ha oltrepassato
e ho creduto ti stessero proiettando
da un qualche angolo
ologrammando.
Svanivi come svanisce
il superotto contro la carta
da parati
come svanisce l'umido
dagli occhi dei sorrisi.
Belli (tra parentesi)
che erano
i tuoi occhi umidi di sorrisi.
E invece.
La seconda volta che
ti son passato attraverso
era durante un secondo infinito
in cui siamo stati
a reggere un vetro
e gli altri a dire
che era uno specchio
- sciocchini -
non sanno quanto
sapevamo muoverci
perfetti e complementari.
E invece.
Neanche ci siam visti
siamo andati oltre:
attraversandoci - appunto.
L'ultima volta che
ti son passato attraverso
stavi per raccoglierti
i capelli in quel modo svelto
di quando non avevi
il minimo dubbio su me.
E invece.
Un dubbio io,
non so neanche più
cos'è.

Monday, November 21, 2011

Alberi e Lampioni (tornando a casa)


Se torno tardi,
ma molto tardi,
io cerco di parcheggiare
vicino casa.
Altrimenti mi tocca discutere.
Sulla strada lunga
mi tocca di litigare.
Alberi e lampioni: un casino,
si intromettono
coi pensieri del ritorno.
Ci hanno questo problema
che devono dire la loro. Sempre.
Più spesso i lampioni
- lo dico per correttezza -
son loro che insistono.
Dovresti fare così e colì.
Fai sempre tardi.
Non l'hai accompagnata a casa.
Non hai detto quella cosa.
Hai parlato troppo.
Smetti di fumare.
Dopo la terza birra
ti faresti vendere pure un'enciclopedia.
Oh! - gli dico certe volte.
Oh! Basta un po'!
Loro - macché - continuano
a pioggia fotonica: dall'alto, evidentemente,
dispensare consigli è più facile.
L'altra notte, per esempio
m'han preso per sfinimento:
"Non ti metti più in gioco, signorino.
Cosa pretendi? Mica è gratis, la fortuna".
Siccome son furbo
gli ho risposto:
"Quando c'è sentimento
non c'è mai sbattimento".
Niente - macché - 'manco una risata.
Anzi, uno s'è fulminato,
credo. E gli altri superstiti
hanno ricominciato.
"Ma cosa credi, cosa pensi,
che non si capisca, che non si veda
che non ci metti del tuo?
Che non rischi niente?
Che resti a distanza di sicurezza
dalla gente?"
Ci ho un'età
- gli ho risposto -
da adulti è così che si fa.
"Fifone!" (buio) "Vigliacco!" (buio)
"Codardo!" (buio) "Cazzaro!"
"Oh!" ("Scusa, ho esagerato").
Comunque, com'è come non è,
mi sono fatto cento metri
tutto stressato
da quel processo illuminato
a intermittenza, ma pur sempre illuminato.
Gli alberi, invece, zitti.
Checcazzo, quando dovreste difendermi
mai che vi si trovi. Mai che interveniate.
Allora mi sono fermato
alla fontanella, per far finta di bere
ché magari si calmavano, vai a sapere.
E sento bisbigliare

psss...psss...
(No, santiddio no. Il maniaco dei giardinetti no.)

Invece era un faggio. Tutto smilzo e piccoletto.
Chiaro chiaro di luna. Mi son girato e m'ha detto:
"Smettila di avere paura", m'ha detto.
"Ti ci metti pure tu?", gli ho detto.
"Smetti di farti mettere paura", m'ha detto.
"Torna a casa e chiamala", m'ha detto.
"So' le tre", gli ho detto.
"E' sveglia", m'ha detto.
"Ci parli te con quelli?", indicando i lampioni,
gli ho detto.
"Vai tranquillo", m'ha detto.
"Oh. E se poi non risponde?", gli ho chiesto.
"Cammina, cretino".
Era sveglia. Era ancora presto.

Saturday, October 22, 2011

Facciamocheioero, facciamochetueri



Facciamo che tu eri
una data a matita sul muro
che epoca sceglievi?
Che scadenza ti davi?
Quando iniziavi?
Prima o dopo la Rivoluzione francese?
Prima o dopo l'invenzione della caffettiera?
Orientativamente: che giorno della settimana? Mese?
Luglio, agosto, settembre?
E - guardando avanti - prima o dopo
la prossima glaciazione?
Il momento in cui il teletrasporto
diventerà realtà?
Facciamo che allora anche io ero
un segno di matita sul muro
però quello accanto alla porta
che misura la crescita in altezza
così, vicino al tuo della data
facevamo che
tu arrivavi quando io
diventavo alto così
(senza scarpe).
Facciamo che io ero
l'ultimo da cercare
giocando a nascondino
e mi chiedevo cosa fare:
tanaliberatutti
o lasciarmi acciuffare
da te? Catturare?
Per un braccio farmi afferrare
da te?
Facciamo che tu eri la penultima puntata
della quinta serie, ma con opportuni
cambi di sceneggiatura
e io, facciamo che io ero
i riassunti delle puntate precedenti
ché sennò non si capisce niente
- nonostante la solida trama -
sennò poi il cast è confuso
e si fa fatica a seguire
a seguirti, figuriamoci
a seguirmi.
Facciamo che tu eri nei paraggi
e che io giravo come un cretino
o uno che deve comprare
i regali di Natale
ché ti manca sempre l'ultimo
e l'ultimo era il tuo, quello per te.
Facciamo allora che tu eri già qui
che io quasi, un secondo e arrivo.
'Spè.

Friday, September 23, 2011

Nascondigli


Nessuno sa
che sei qui.
Nessuno ti giuro nessuno
nemmeno il destino
anzi:
soprattutto lui non lo sa
e non deve saperlo
quindi non diteglielo
per piacere.
Se vi chiede di me, di lei,
fate finta di niente
o rispondete qualcosa di vago
tipo: non so,
non li vedo da un po'.
Nessuno sa che sei qui
e dire che vorrei
scriverlo, scorticando cortecce
ventriloquo, farlo cantare
a un coro di trecento pinguini
accenderlo a intermittenza
di codice morse coi semafori
- non preoccuparti per il casino agli incroci
alle parole non dette
si dà la precedenza,
figurati a quelle lampeggianti.
Nessuno sa che sei qui
tranquilla
nessuno nessuno nessuno
nemmeno il postino
che citofona ogni mattina
ogni cacchio di mattina
sempre a me
e io credo di capire, ora
il perché.
Ti cercano,
ma non ti troveranno
nessuno nessuno nessuno
saprà che
tu sei qui con me.
Forse le pareti potrebbero,
ma sono già alberi
alberi infiniti
di viali infiniti
di fine settimana?
infinti (hai indovinato)
che passo con te
quando sei qui vicino a me
lontano lontano
per non farci scoprire
belli, bellissimi
lontani, lontanissimi
ché il mondo ci piace
- e neanche poco -
ma che mi importa del mondo
finché ho la tua versione
di quello che voglio
che è uguale alla mia
che è uguale alla tua?

Friday, September 02, 2011

Pigri, gli occhi


Con una strana forma di ambliopia
è così che mi dimenticherai
sulla terza gruccia
contando da sinistra
- che a te sembrerà
di contare da destra -
mi scorderai
mentre sparisco concentrico
dopo averti lanciato il mio passato
a sassolini nell'acqua.
Copri l'occhio sinistro,
continua a esercitare il destro:
l'unico con cui ancora
riesci a intravedermi.
Chissà che vita vivi tu
chissà che vita vivrebbe quella
che non sei più.
Lo chiedo e non aspetto la risposta
mi affretto verso il prossimo
angolo cieco
da dove ti guardo dimenticarmi
e tu, invece,
non puoi.
Di suono questa scena fa
le mani che rimestano
i giochi per il mare
nel pozzo di un secchiello
lavati in acqua salata
prima di tornare a casa
E rientrando puntare
i piedi sui pedali
tese le gambe a guardare
più o meno
un centinaio di balconi
che sorridono.

Tuesday, July 19, 2011

Consigli ai corridoi



Voi, oh corridoi
- non si corre per i corridoi
si cammina, piano -
Oh voi, corridoi,
vi siete mai chiesti per esempio
negli interminabili primipomeriggi
estivi, voi
oh corridoi
vi siete mai chiesti
in buona sostanza
qual è il vostro scopo
in quanto corridoi?
Non tanto perché vi costruiscono
ché quello un po'
si capisce
avendo familiarità
con le cose di planimetria
piuttosto, oh voi corridoi
perché siete nelle case?
Perché le stanze non possono
comunicare direttamente
divise solo dalle porte
come certe camere dei vecchi alberghi
o quelle coi passaggi segreti?
Poi, vi chiedo
a voi, oh corridoi:
ma quanto dovete esser stretti?
C'è una misura prima di esser considerati
chessò: ingressi? Antistanze?
Voi, oh corridoi
siete, come dire, autoconsapevoli
dello spazio che occupate?
E non vi danno fastidio quelli
che vi arredano con le librerie?
Che ci mettono i quadri
sui vostri muri un po' tristi di corridoi
quei quadri che nessuno,
ma proprio nessuno
guarda mai (tranne quelli
che gli fanno vedere la casa
per la prima volta: qui c'è
la camera da letto, questo è lo studio
e rimangono un po' sulla porta
e guardano quei quadri
e pensano: "Dio santissimo, che orrore
'sto quadro, fortuna che è in corridoio!"
Ecco, non vi piglia un po' di magone
a voi, oh corridoi?
Io ci ho sempre delle idee
un po' balorde
e vorrei pensavo
unirvi
tutti
tutti infila
uno dietro l'altro
ché più che corridoi
poi sembrereste un tunnel
senza quadri, senza librerie
solo mura di colori diversi
pavimenti differenti
e poi giù
giù
giù
tutti diritti e felici
fino al mare.

Wednesday, July 06, 2011

Io, di mestiere


Io di mestiere farei
quello che mette il vernidas sui castelli di sabbia
così domani sono ancora lì
e i pomeriggi diventano eterni.
Io di mestiere mangerei
a cucchiaiate la pazienza
che ci vuole con me
ti finirei le scorte
nel frigo
e pure quelle
nascoste per i momenti che
non basta a farmi voler bene.
Io di mestiere farei
quello che aspira i silenzi
dalle frasi e li comprime
in pratiche sfere da scoppiare
per riderne, poi. Per imparare
ad ascoltare.
Io di mestiere farei
le versioni in legno di tutte le cose
per vedere se son buone
in due secondi
capire se una cosa
è buona davvero oppure no
e quelle brutte darle in pasto
a un camino
acceso a settembre
quando cambiano tutte le cose.
Io di mestiere farei
quello che ti prova i vestiti addosso
che ti stanno bene solo finché
ci sono io con te.
Io di mestiere appiattirei i gradini
richiuderei i tombini
non prima di averli saltati
(i gradini)
non prima di averci buttato
l'eco dei rimorsi
(nei tombini).
Io di mestiere farei quello
che ti invita a ballare
quello che poi si scorda i passi
e si inventa un modo
per non farti mai perdere il tempo
per farti dimenticare del tempo.
Io di mestiere curerei
le ferite superficiali
con un amalgama segreto
che decora anche i tagli
più profondi
così li puoi guardare
senza paura
rimarginare.
Io di mestiere farei quello
che si trasforma in una casa
poi in una sedia
poi in un divano
poi ancora in una puntina da disegno:
farei quello che si arreda da sé.
Io di mestiere ti terrei
senza stringere ti terrei
Andiamo, ti direi.

Tuesday, July 05, 2011

Se Mi Togli

Se mi togli i dubbi
Cosa mi resta
Poi in tasca cosa
Gli spicci, i foglietti
Dove prendo gli appunti
Delle cose che mi vincono
Che mi arrendono
Se mi togli i dubbi
Come intreccio
Gli angoli delle strade
E le strade ai passi
Annodati ai lacci delle scarpe
(troppo lunghi - troppo corti)
Dove vado?
Se mi togli le paure
Cosa grido
Cosa inzuppo il letto a fare
Cosa metto mille nomi
Alle parole
Invece di uno
Invece del solo
Che le chiama?
Se mi togli i nervi tesi
Pronti a difendermi
Alla guardia alzata
Come resto in piedi
Nelle risse davanti lo specchio
Come faccio?
Se mi togli
La mia voglia di cercare
Vie di fuga
E teste da fasciarsi
Anticipatamente
Dove vado
Prima ancora che sia tardi
Oppure presto
Prima ancora di capire?
Se mi togli
Tutto questo
Io abbandono le mie braccia
Lungo il corpo
E mi arrendo
E mi lascio depredare
Prendi tutto
Fai una palla
E poi scagliala nel mare
No,
Più giù,
Più in fondo ancora
Ché diventi il mio ricordo
Della gioia
Di lasciarmi
Conquistare.
Da
Te.

Thursday, June 23, 2011

A fine giornata



A fine giornata
io mando via tutti
signori, si chiude
e neanche un ultimo giro.
A fine giornata
io devo star solo:
gli avanzi del cibo
le mance inadeguate
e gli accendini dimenticati
- mi scusi, l'ombrello.
Lo prenda, poi esca.
A fine giornata
non conto mai i resti
o l'incasso
mi limito a spegnere
le luci una ad una:
tre identici gesti
esatti e diligenti
e l'ultimo un poco in ritardo
per dare uno sguardo
alle sedie rovesciate sui tavoli
così sole e confuse
di non saper che fare
rivolte all'insù
senza uno scopo
che non sia soltanto aspettare
di essere di nuovo girate, domani.

(foto Lina Scheynius)

Thursday, June 16, 2011

La Lista dell'Attesa


Nelle mie mani,
unite a coppa
ci stanno:
due barche (di carta)
centodiciannove rotelle di liquirizia (impilate) (in equilibrio)
un certo numero di telecomandi per uso vario (pile in dotazione)
tre centimetri cubi di acqua (piovana) (forse più)
un certo numero di fili di maglione (difficile distinguere) (colori vari)
puntine da disegno (x)
un rocchetto di spago (corda)
Una camera da letto (in abete)
Una cucina a gas (cinque fuochi)
Dieci piccoli indiani (vivi)
Duemilioni di particelle di pulviscolo lunare (illuminate)
Biscotti (a piacere)
Briciole di biscotti (vedi sopra)
Bicchieri (due. Infrangibili)
Un mazzo da cento di fili d'erba (umida)
Pastelli (ventiquattro, senza scatola)
Dodici pennarelli (due senza cappuccio)
Fogli (mezza risma, circa)
Lenzuola (due)
Tre paia di boxer (mutande) (fanno comodo)
Oloturie (per il nome) (tipo cinque, forse sei)
Chiavi di casa (tre)
Chiavi della macchina (una)
Chiavi in mano (battuta)
Centocinquanta stelle (citazione)
Quattro cani (occhei, basta)
Calzini pesanti (due)
Tavole di legno (una cinquantina) (che te ne fai?) (lo so io)
Ago e filo (fanno comodo)
Due rotoli di scotch colorato (arancione)
Sale e olio (quanto basta) (QB)
Terra (dieci grammi) (grosso modo)
Formine per la sabbia (sette) (tutte diverse)
Una scala (per la prospettiva)

- Non ci credo.
- Eh.
- Ma che mani c'hai?
- Se non ti fidi,
controlla.

Sunday, June 05, 2011

Antenne


E 'stanotte dormo sul divano
per avere l'illusione
che io e te
possiamo ancora litigare
che possiamo smettere
di sbagliare
la mattina dopo
o che vieni a svegliarmi
per riportarmi fuori
recalcitrante per finta
ancora salvo
a riva.
Prima però, 'stanotte esco
unisco le antenne della televisione
con un filo di rame
sguainato dai cavi
di tutti i telefoni
da cui non ti ho chiamato
e faccio un ponte radio
lunghissimo
sui tetti
in mezzo ai nidi delle rondini
al muso perplesso dei gatti
alle invocazioni
spedite al cielo
senza troppa convinzione
ai palloncini impigliati
che si sgonfiano
senza alcuna soddisfazione.
Faccio un ponte radio
modulato di frequenze
che - codificate
e poi decodificate -
arrivano dritte a te.
Tu premi l'orecchio
forte, sul cuscino
acquattati come una squaw
sul bordo del comodino
e ascolta.
Poi, mi dici.
Io resto sintonizzato
con le braccia sotto le ginocchia
lo sguardo nostalgico
dei cosmonauti:
perennemente in su.
Quello che sai tu.

Tuesday, May 17, 2011

Buchi nell'acqua


I

A quel tempo io
conoscevo solo il rollio
e il beccheggio dei calessi
che incontrano distratti
i bordi delle strade seminate
a grano.
Da lì quel giorno son partito.

II

Idraulici, si diventa così
e non marinai:
idraulici che tolgono il tappo
dal fondo del mare
per scoprire i tesori nascosti.
E neanche più un'onda per navigare
neanche più un golfo
per attraccare
fari in secca arroccati sugli scogli
affilati di certi ragionamenti:
neanche più un buco nell'acqua
da fare.

III

E poi lei l'han mandata a chiamare con una certa urgenza sono andati - erano in due o in tre, questo non si sa - sono corsi fino a lì e le han detto: si sbrighi ché è in ritardo. Lei ha arraffato la borsa, si è sistemata i capelli si è sistemata tutto insieme come fanno le donne nei momenti di emergenza, di fretta, a far millemila cose contemporaneamente? Controllano di aver preso tutto con una mano, si abbottonano con l'altra; poi sgambano, paiono sul punto di cadere invece lisciano il vestito, ritrovano la riga della calza, si sistemano i capelli e intanto puntano diritte nonostante la fretta, vanno diritte - bellissime - c'è il mondo che gli scorre dietro e poi arrivano accaldate, ancora bellissime - come fanno? - con quei minuti di perfetto ritardo e a noi, sciocchi, la condanna all'ansia dell'anticipo che scivola la testa tra le spalle, le mani nelle tasche. Non è rassegnazione, ma il confine tra caparbio e illusocoglione è poca cosa, a oltrepassarlo troppe volte ci vuole una certa vocazione e lui l'ha persa tempo addietro - la vocazione - se l'è dimenticata: una preghiera di troppo, un 'pazienza' di troppo.

Scelgo di moltiplicarti
come un miraggio che fatichi a mettere
a fuoco
a causa della sete
i sentimenti disidratati
così tra copie di te che credo di vedere
posso scegliere quella che
non è un segno del tempo
né quella che continua
a chiedermi di lasciare
acceso il faro di notte
per farmi ritrovare.

Tu sai nuotare, io poco
tu sai stare a galla
io per niente
è per questo che amo le navi
è per questo che sei arrivata galleggiando
dopo aver ammarato sull'acqua
una seconda possibilità
e io ho pensato tu fossi un relitto
di mancanze
che tornava come un rametto
sbavato in bocca a un cane
invece galleggiavi perché
le correnti, mia cara,
conoscono le rotte molto meglio di noi.
Ho provato a rianimarti
rianimarci
ma ho insuflato la disperazione
di quei mesi a custodire il faro
e le luci in lontananza.
Per questo son partito poi
perché adesso la terza possibilità
dovrà scovarmi viaggiando
e spergiurando e nuotando
e vedremo chi la spunta:
vedremo chi affoga, adesso.

Oppure arriverà aggrappata
a quell'unico pensiero felice
mandato allora a schiantarsi
sulla chiglia del soffitto:
guardare la nave dal basso,
dal profondo del mare al rovescio
come quella volta che il cielo
era diviso a metà
capitasse ora io
mi fermerei e ne approfitterei
per distinguere quello che so
da quello che temo
quello che ho capito
da ciò che non potrò capire
non senza essermi reso conto
che c'è ancora qualcosa
qualcosa che galleggia
distante
per me.

Sunday, January 30, 2011

Campi da picnic infiniti

E voglio campi da picnic
infiniti
di verde pulito
che passi con la mano
e ti rimangono sorrisi
sotto il palmo
piccoli come briciole
portati in fila
dalle formiche.
E voglio tutta la cura del mondo
a sbandierarmi la camicia
mentre addenti il sole
temporaneamente
trasformatosi in corteccia:
croccante di resina
distillata e poi sciolta
nei tuoi occhi convinti
di me e di te.
E voglio chilometri
e chilometri
di tovaglie a scacchi
con quadrati rossi e bianchi,
posate che scintillano
affondate nei dubbi di ieri
per dargli in pasto
assaggi di domani.
Voglio il suono dei tuoi 'sì'
e i miei 'no'
spinti con l'indice
dentro la terra morbida
e ancora più giù
dove le stagioni
li renderanno materia fertile
per quello che imparerò
ad accettare di me.
E voglio campi da picnic
infiniti
dove farti accomodare
infinitamente
accolta.