Monday, October 08, 2012

La soluzione d'equilibrio


C'è un tempo in cui
ancora non lo sai
che puoi sbagliare
e non farci caso.
Ti sembra ragionevole
l'abbaglio della luce delle cose
per non dar modo al dubbio
per non dar corda al senso
che non cogli.
Com'è, come non è
finisce che passi
le estati in punizione
a ridipingere palizzate
scartavetrare e pittare:
un'espiazione zen
sotto il sole del primo pomeriggio
che invece di certezze
ti materializza davanti
allucinazioni a forma di Maestro Miyagi
e dei ceffoni cintura nera
- quinto dan -
precisi e piazzati
sulla collottola
ogni volta che tralasci gli interstizi.
Impari, quindi.
Ad abradere con insistenza
abbandonandoti al gesto
assottigliando lo spessore delle cose
in cerca dell'anima.
Dov'è l'anima quando
lisci la sostanza
delle persone
dov'è l'anima quando
invece sulla pelle
l'abrasione è un fiocco
a macchia di neve rossa
che rilascia segni
e sai che sotto
c'è carne
da far affiorare.

La soluzione
d'equilibrio è allora
uscire di notte
a misurare i parcheggi
il conteggio
dei posti ancora
disponibili
il limite di sosta
la fine del mondo
nelle vecchie automobili
che sono lì da sempre
sotto i coni di luce
intagliati nel buio
da lampioni altissimi
in prospettiva isometrica
e sgommate in lontananza
per uscire in fretta,
terrorizzati dal risucchio
di quel vuoto elicoidale.
Trascorrerci il tempo
in quei parcheggi
fino all'alba,
nel cuore
solo il conforto
di sbirciare un cruscotto
pieno di carte di caramelle
e un'unica frase possibile:
"non correre,
pensa a me"
Pensa a me.
Pensa a me.

Saturday, September 22, 2012

Le parole rotonde


Come si fa
coi palloni che non tornano
come si fa
incastrati tra i rami
atterrati sui balconi
che risuonano di citofonate
a vuoto
come si fa?
La telecinesi
la dimentichi dopo i tre anni
il boomerang di Batman
dicono lo vendano solo
nei migliori negozi di giocattoli
e quei negozi - fidati
non esistono:
il migliore negozio di giocattoli
è tutto in un coltellino
e un ramo
e divertirsi
con la superficie delle cose
fintanto che
nasconde solo linfa e chiarore di legno.
Fintanto che
è solo corteccia arricciata.
Come si fa, allora
come si fa
con i palloni che spedirai
troppo in alto
troppo in là
affidandogli messaggi
e un'inquietudine che
chiameranno con nomi stupidi
- come si fa?
Vorrei dirti che lo so
dirti dei cancelli scavalcati
delle nocche sbucciate
delle citofonate
"Scusi signora,
non succede più signora,
non volevamo, signora".
Invece volevi eccome
e ricapiterà ancora
un milione di volte ancora
e non vorrai un altro pallone,
ma quello incagliato chissà dove
perché gli avrai affidato
dei pensieri
che la nostalgia
ti insegnerà ad amare.
Un secondo dopo
ad amare e
a non dover rimpiangere.
Mai.

(a mio nipote)

Friday, September 07, 2012

amMilano


Poi a un certo punto
era la fine degli anni novanta
la gente partiva
partiva da Roma
e andava amMilano.
Sparivano nel nulla.
Che tu chiedevi:
"Oh, ma che fine ha fatto quello?
È un po' che non lo vedo"
e ti rispondevano
"È andato amMilano",
come dicessero: "è morto"
ma con un po' meno pathos.
"Ma torna?"
"No".
Poi tornavano
ogni tanto, nel uicchend
ma erano diversi
parlavano pochissimo
e per lo più
solo con altra gente
che era andata amMilano.
Poi un po' di volte
a un certo punto
ci sono andato anche io
amMilano
e non capivo dove erano tutti.
Chiamavo gente a casa
e chiedevo: "Ma dove sta quello?"
"AmMilano!", mi rispondevano.
"Lo so, anche io sono amMilano"
- rispondevo.
"Per sempre?", mi chiedevano.
"No, poi torno".
Seguiva un silenzio
carico di scetticismo.
Come se da amMilano non si tornasse.
Mai più.
Insomma quello non si trovava.
O meglio: mi spiegavano che era alLavoro.
Sempre. Ché amMilano si va per lavorare, mi spiegavano.
"Sempre?" - chiedevo.
"Sempre", mi rispondevano.
"Ma sono le tre di notte!"
"Sempre", mi rispondevano.
Allora non capivo
e siccome io quando una città non la capisco
poi non mi piace
non sono più andato amMilano.
AtTorino sì, ma è tutta un'altra cosa.
Poi sono passati degli anni
la gente amMilano
ci andava sempre meno
"Torno in giornata", dicevano.
Come se, a rimanere per la notte
c'era il rischio che non si tornasse più.
Mai più.
Che si rimanesse amMilano a vivere
anche se non volevi.
Anche se non avevi un posto dove stare.
"Ti prendiamo un residence",
mi hanno detto una volta
che mi dovevano assumere e invece no.
Poi ci sono tornato amMilano
e ci sono stato anche bene
ma bene come puoi stare acCinecittà:
mica ci puoi vivere, acCinecittà
a un certo punto passa il vigilante
e ti dice "Ao', e mica è 'n albergo".
Ci ha le sue ragioni, effettivamente.
Quindi sono tornato arRoma
con grande scetticismo di tutti
nel vedermi intero
e non tipo ologramma.
Poi ci son tornato di nuovo
amMilano. Intanto ci facevo amicizia
così, a rate.
Come si dovrebbe fare con le persone
solo che io
sono più tipo da colpi di fulmine
intese folli e sregolate
invece amMilano si fa tutto con cautela
come nella jungla.
Quindi sono tornato ancora
per via che c'era lei
che m'aspettava al binario
invece poi
l'ho aspettata io
un classico
(il vigilante di Cinecittà
avrebbe approvato).
E ora mi chiedono:
"Ma sei amMilano?"
e io rispondo "Sì, ma poi torno
per qualche giorno".
Segue un silenzio
carico di scetticismo.
E un po' ci hanno ragione.

Wednesday, July 18, 2012

Riunione di mezzanotte


Vieni fuori
te lo dico a testa in giù
sollevando le lenzuola
mostro che vivi sotto il letto
vieni fuori anche tu
esci con le mani alzate
e lascia stare le camicie
ché sono stirate
mostro che vivi nell'armadio:
vieni fuori e
non ti sarà fatto del male.
Vieni fuori
pure te
mostro del riflesso
negli specchi e nei vetri
chiama pure il tuo amico
mostro degli scricchiolii
e venite fuori
che ormai
avete smesso di spaventarmi
e pure le paure
son diventate un lusso che
non so più regalarmi.
Ci facciamo una spaghettata di mezzanotte
aglio e olio
- peperoncino ne volete?
Venite fuori
che c'è una notte così bella
mille luci e neanche un'ombra.
Una di quelle notti
in cui non c'è posto per nascondersi
neanche a pagarlo
e gli sbagli lampeggiano
come le luci delle auto
quando parcheggi e chiudi l'antifurto
e domani saranno ancora lì
insieme al mostro
del portabagagli
quello che sbuca
quando i tuoi ti lasciano
davanti ai negozi
ad aspettare
chissà poi cosa.

Friday, June 29, 2012

Il Faro


Io sono un faro
senza custode
solo soletto
poche pretese
un occhio e un porto
qualche riflesso
specie di notte
quando c'è buio.

Io sono un faro
alto sul ciglio
di qualche roccia
senza appiglio
scrivo di me
in codice Morse
quando lampeggio
alle barche distanti.

Spesso confondo
chi parte e chi arriva,
ma poco importa
io sono qui.
Tutti si aspettano
che io stia fermo
e io in quanto faro
mica mi sposto.

Ho una casetta
piccola e bella
piccola e vuota
giù sulla sabbia.
Quanto vorrei
fosse abitata
quanto vorrei
essere il faro
di una persona
che torna da me
e io una volta
una volta soltanto
prender le ferie
una barchetta
andare al largo
nemmeno troppo
poi ritornare
tutto contento
- tutto al sicuro
e tutto intero -
da te.

Thursday, June 28, 2012

C'è posto davvero



Ti ricordi ti ricordi
quando eravamo giovani giovani
quando scoprimmo
che imparare a ballare il tango
nella vita serve sempre
ti ricordi ti ricordi
mia dolce
che ora sei fragile e piccola
e quasi ancor più bella
che poi il tango
noi ci siam detti
impariamolo
dovesse mai davvero servirci
e poi scoprimmo
che effettivamente sì
serviva.
Ti ricordi ti ricordi
che mi tremavano le ginocchia
poco meno di ora che son scassate
e mi rendono i passi difficili
e ci vuole più talco sotto le suole
per scivolare con te
così fragile e bella
elegante impeccabile ancora.
Ti ricordi che tremavano e ti ho chiesto
- come stessi sparecchiando
la frase con uno sbuffo dalla barba -
ti ho chiesto
mia dolce
quand'è che hai capito
come amarmi?
Cos'è che è cambiato
cosa ho fatto,
cosa ho indovinato?
Ti ricordi che
a un certo punto
ti son crollati gli anni dentro
e finalmente
c'era posto davvero
sgomberate le macerie
c'era posto davvero
davvero per me?
Com'è stato? - ti chiedevo
e tu hai messo su
quell'aria da attrice
del muto quando 
nei film fissano altrove
con lo sguardo siderale
come a dire:
magari la risposta c'è,
ma è così distante
su una galassia lontana lontana
e farei tardi per cena
farei tardi a tutti gli appuntamenti
con te
se andassi a cercarla.
E tu mia dolce
ora che ancora volteggiamo
non rispondi ancora 
sorridi e non rispondi
perché - come allora -
tu sai che certi segreti
non si rivelano
e io adesso ho capito
che certe cose non si imparano.

Thursday, June 21, 2012

Imparami



Imparami a fare le cose.
Lo so che si dice insegnami,
ma in questo caso
bisogna dire
imparami
cioè
insegnami ad impararmi.
A insegnare
pontificare
educare
son buoni quasi tutti
perché - socratici a parte -
uno una cosa
prima non la sa
poi dopo sì
e c'è uno spazietto vuoto
un cubicolo, diciamo
- per quanto ben arredato
comfort e tutto -
dove riporre quel che non si sa.
Invece,
quel che ti chiedo,
è considerarmi
un po' natoimparato
nel senso che io
lo so come si fa
ma l'ho sbiadito.
Fai conto che ho messo
una cosa di cotone
in lavatrice a sessanta gradi
perché dovevo toglier delle macchie
che la vecchina dell'Ace
si sarebbe messa a ballare la breakdance
piuttosto di averci a che fare.
Ma tu sbagli candeggio!
- mi dirai
e tutti i torti in effetti
mica ce li hai.
Non voglio girare impataccato
mi si rovina l'aplomb
e il quotidiano debutto in società.
Quindi, mia bella
non insegnarmi ma
imparami
e già che ci sei
dopo la lezione
facciamo ricreazione
a base di noi.

Friday, June 15, 2012

Indicazioni


Le farfalle
quando il giorno le storna
e le vedi in giro di notte
somigliano a quelli
che hanno sbagliato traversa:
era la prima?
No, la seconda a destra.
No, aspe', la prima.
Quando sbagli traversa
l'importante è non dubitare.
Convinto: la seconda.
E invece
- puttanalamiseria -
mi sa che era la parallela.
Allora cambiano marciapiede
per una questione prospettica
di riconoscere le insegne.
Oppure quelli
che si tastano tutte le tasche
prima di trovare il portafogli
o il telefono
in sequenza
come il segno della Croce
con mano sul petto
- due volte -
e poi, in sequenza, sul culo.
La verità è
che ci si perde con poco
e bisogna stare attentissimi
ché non c'è google maps
per tutte le strade non c'è
per tutte le scantonate che si prendono
google maps non c'è.
E l'altra sera tornando
ho capito che
io mi sento perso
se non trovo te.
No.
Aspe', è più complessa di così.
La rifaccio.
Ieri, tornando,
ho capito che
io mi posso pure perdere
ma non posso
non voglio
perdere te.

Friday, May 25, 2012

Ode alla Femmina risanata


Fattucchieri di tutto il reame
chi è la più bella lo so.
Niente 'specchio specchio
delle brame'
né 'specchio riflesso'
delle battaglie navali
siracusane:
per quello non mi servite,
chi è la più bella lo so
non c'è paragone.
Fattucchieri di tutto il reame
piuttosto
datemi la ricetta per farla guarire
son giorni che è lì
tremebonda sul letto
siamo al centesimo risotto
(in bianco)
sono preoccupato:
c'è mica una corteccia
una radice
qualche zampa orrenda da tritare
per rimetterla in sesto
per farla migliorare?
Devo schiantare un drago di mazzate?
Lo faccio, basta dirlo.
Deviare corsi dei fiumi?
Roba di un paio d'ore.
Scalare castelli impenetrabili?
Ci ho dei problemi con le vertigini
ma basta non guardare in basso
- mi dicono.
Fattucchieri
qui la situazione si fa seria
anche perché nonostante i malanni,
io e lei, imprudenti
arrotoliamo le lenzuola lo stesso
no, non per le mura dei castelli
(un po' di malizia, orsù).
E lei continua a star male
febbre a tre cifre su scala Celsius-Mercalli
in fila per tre col resto di due
tutta in ebollizione.
Fattucchieri: e se mi evapora?
Non oso immaginare.
Quindi, vi dico, aiutatemi
ché qua la chimica scoraggia.

Il giorno dopo.

Fattucchieri.
Capisco il sistema medievale
di trasmissione dati
di cui siete dotati,
ma così l'arte medica
- ve lo dico -
difficilmente progredisce.
'Manco una telefonata
un corvo,
un piccione:
niente.
Comunque.
Tutto a posto.
'Stamattina s'è svegliata
ha aperto le finestre
m'ha sorriso
(una cosa che confondo sempre
col giorno che inizia
- ma è un'altra storia)
e m'ha chiesto di accompagnarla
a comprare delle scarpe.
Ora.
Non so voi
che siete fattucchieri,
ma io
delle femmine
non c'ho mai capito nulla.

Wednesday, May 16, 2012

A sua Immagine e Somiglianza (soprattutto Somiglianza)


Dunque.
Facciamo un po' di ordine
qui.
Che è 'sto casino?
Ordine, ci vuole.
Cominciamo con l'allineare
le matite sulla scrivania
come Fox Mulder
eventualmente per poi
conficcarle perpendicolari
al pavimento, nel soffitto.
Allineare tutto.
Le luci dei lampioni:
mettersi in asse
per vederle scomparire
in un'unico sfogo
di vapore di mercurio.
Allineare pure le luci
sui comodini
negli appartamenti
che si tengono tutto dentro
fino all'alba
al riparo dalle strade
e di chi svuota i cassonetti
in anticipo.
E - a proposito di strade -
ricalibrare tutta la segnaletica
srotolare le rotatorie
combaciare i bivi
incroci in bolla
più dritti del dritto.
Riepilogare alfabeticamente
tutte le disgrazie e le gioie
chiamarle all'appello
segnare presenze
e assenze
preoccuparsi della giustificazione
solo se la firma è falsificata.
Ordinare i libri
per altezza
colore
editore
titolo
autore
ordinarli per prefazione
per postfazione
per consunzione
e numero di orecchie fatte alle pagine.
Elencare i propri difetti
schedare i pregi
chiudergli contro i cassetti
di un classificatore pesantissimo
con quel suono irresistibile
delle rotelle nelle guide.
Fare ordine, mettere tutto al suo posto
- gradatamente -
come si dovesse andar via
partire, traslocare
via.
Perché se il mondo
è a sua immagine
e - soprattutto - somiglianza,
se il mondo le assomiglia
tutto il resto che è stato non c'entra
tutto il resto che è stato va capitalizzato
ordinato e poi, semmai, utilizzato.
Tutto va riallineato,
come i pianeti nel giorno
in cui decidono che le orbite
servono a gravitare vicini
sballottati nel mistero cosmico.
Poiché
se pure tutto il resto
giustifica teoreticamente
la sua presenza
il mondo incorniciato in finestra
ve lo dico io, serve a poco
ci si fa poco col mondo
(viaggiatori e astronauti
siete avvisati)
se tutto quel casino là fuori
non è a sua immagine
e - soprattutto - somiglianza.

Sunday, May 06, 2012

Favola della buonanotte

Rientrare e
appendere certe fitte di dolori
- fastidi antichi reumatici -
come camicie alle grucce
gualciti da un giorno
che sembrano due.
Spianare le ore e i minuti fuori fuoco:
le spalle che ci vedono doppio
o piuttosto chiedono
qualcosa di più
persino alle sconfitte.
E lei che già dorme
con tutta una forma nel sonno
anatomica sistemata per me
e il mio di sonno che
invece arriverà tra poco
quando crollare
non sarà segno di alcuna resa
ma esercitare le braccia e le mani
per imparare nel modo migliore
il modo migliore di stare al mondo domani.
Perciò faccio
quello che c'è da fare
con il respiro caldo della casa che lascio
camminarmi dentro
a passi piccoli e fremiti di assestamento
infilo il cappotto
e mi avvio
a fare
quello che c'è da fare.
Inizio il giro di ricognizione
della sua città:
umetto indice e pollice
e spengo le luci
una ad una
improvvisandomi lampionaio
con calma
mando tutti a dormire
non fate storie
e niente favola
della buonanotte
ché ne ho una sola
almeno 'stavolta
ed è soltanto per lei.

Friday, April 13, 2012

Sintassi modificata

Così siamo io
e lei riflessa
che parliamo in una vetrina.
Angolati, chiacchieriamo
di lei, quella in carne e ossa
un poco più dietro
che mi guarda - e di fatto si guarda -
scuotendo ridendo la testa.
Te la capisci e io non capisco te:
come fai, per dove la acciuffi
- mi chiede -
che pesci pigli con lei?
Delle retate alle volte
vedessi - rispondo - vedessi
vuote come la disperazione
sapessi - rispondo - sapessi.
Altre volte invece
col cambio scontroso della corrente
s'incagliano ippocampi opalini
tonni multicolori
polipetti danzerini
tanto che
il tipo della nota moltiplicazione
sui pani può pure millantare
ma quanto a pesci da pigliare
l'ho sbattuto fuori agli ottavi di finale.
E come vi parlate? - mi chiede -
Come vi dite?
Così come sognavo
che avrei potuto un giorno
parlare col resto del mondo - rispondo.
In silenzio?
Vuoi scherzare? - rispondo -
nel silenzio c'è troppa
malata confusione.
Il nostro è più un discorso
di oggetti incastrati differenti
come quando ti insegnano
a fare i conti
che mele con pere
non ci possono andare
non li puoi sommare
invece vedessi - rispondo - vedessi
certe paginette di mele più
pere più matite più
tubetti di dentifricio più
dita più mani più piantine di basilico
più stringhe più crema pasticcera più scatole...
Cinesi?
Anche.
Un incastro di cose disparate
che incredibilmente funziona
grazie a una sintassi lineare
opportunamente modificata
messa a punto
durante notti passate
a far degli arrotoli
architettonici
sotto la coperta
opportunamente rimboccata.
Ti trovo un editore?
Smettila di specchiarti piuttosto
e vienimi a baciare.

Tuesday, April 10, 2012

Caccia grossa

Qui c'è buio e gli occhi
non lo sanno,
ma tanto cosa vuoi guardare
più dentro di così
non si può andare.
C'è buio e
sono munito di un arpione
'manco fossi
un cazzo di baleniere temerario
dei Mari del Nord.
Infilzo ombre al buio,
una fatica che non vi dico
qualcuno a questo punto
dubiterà della mia abilità
e della mia sanità - mentale -
evidentemente non conosce
certi miei incredibili talenti
come ad esempio la sovrapposizione
di mattoncini Lego in diagonale.
Infilzo le ombre al buio
e ce n'è una
che mi da più filo da torcere delle altre
la sento recalcitrarmi accanto:
vicinissima.
Un paio di colpi a vuoto
e finalmente la arpiono
credo all'altezza del polpaccio
perché è lì che sento una fitta
io stesso.
Scalcio, come quella volta
in cui mi assalì il luccio reale
e lei sfugge, srotolandosi - dentro -
per le scale
in discesa,
insieme ai passi bui
in cantina.
Poi un secondo di silenzio
e torno a respirare.
Con lo stesso suono
che fanno certi irrigatori
quando iniziano dal nulla
ad insegnare
ai campi
a rifiatare.

Saturday, April 07, 2012

Tornare in carreggiata

"Non seguitemi:
mi sono perso anch'io"
dicevano gli adesivi
sulle centoventisei bordò
nei primi anni ottanta
c'era Snoopy
con dietro dei Woodstock
gialli spiumati
sperduti,
ma fiduciosi,
in versione scout esploratori
e il bracchetto con quell'aria
perenne di consapevolezza stoica
negli occhi e nelle orecchie
enormi.
Perché uno dovrebbe mai
seguire una centoventisei bordò?
- mi chiedevo allora -
a meno che non fosse in un taxi.
In tal caso si sarebbe potuta replicare
quella scena cinematografica
che prima o poi sogniamo tutti:
"Segua quella macchina"
("Ma è una centoventisei bordò!"
- avrebbe giustamente dubitato
ogni tassista sano di mente
edotto delle cose del mondo)
Dove vuoi che porti
- pensavo allora -
una centoventisei bordò
con un adesivo simile?
Te la immagini una fila di utilitarie
nel mezzo del nulla
scarburate e sperdute
che finiscono oltre il Raccordo anulare
nella desolazione pre-autostradale?
Allora mi figuravo
un momento in cui
qualcuno finalmente
avrebbe messo le quattro frecce, accostando
e fosse sceso da una Lancia Beta
bloccando quella carovana
di utilitarie istupidite incolonnate.
Le braccia a sbracciarsi come uno sbandieratore
sulla pista d'atterraggio.
"Dove cazzo stiamo andando?
Quello s'è perso" - avrebbe giustamente detto
indicando l'uscita successiva del Raccordo.
E tutti con sollievo lo avrebbero seguito
come io adesso, torno a seguire me
(magari concedendomi
una sosta alla stazione di servizio più vicina
ché ho voglia di un caffè
e girare tra gli scaffali pieni, con te).

Sunday, March 18, 2012

Tagli


Rassegnarsi ai tagli
non è tanto per il segno
quell'ombra di bianco
che resta,
ma invece il problema
è lasciarli cicatrizzare
resistere alla tentazione
di sollevarne i lembi
per sbirciare.
Nei miei ogni tanto ci trovo
pagine da sfogliare,
animaletti che fanno
dei versi ritrosi
e meno spesso
luci come lucciole a ondeggiare.
Quasi mai sanguino.
Richiudo attentamente
incertotto o lecco
disinfetto:
la crosta è un seguito
che mette malinconia,
indica pazienza
e mi ricorda che
a guarire
ci vuol del tempo.
Per questo mi tormento
e con nonchalance la gratto via.
I tagli allora
- mi viene da pensare -
potrebbero piuttosto
essere fessure
di borse giganti
a forma di persone
come sacche da riempire.
Perciò, la prossima volta
che mi faccio male che
in qualche modo stupido
mi squarcio
ché quando c'è da fare
mi sento invincibile
indistruttibile, invece.
La prossima volta ti chiamo
e raduniamo
tutto quello che non ci piace più
tutto quello che è difficile smaltire
quello che in fondo
è solo il fondo melmoso
di certe notti buie come un barile.
Sollevo i lembi e
ficchiamo tutto dentro
come cannellone ripieno
raviolo ripieno
agnolotto ripieno
Di secondo?
Maialino ripieno
calamaro ripieno
Dolce?
Bigné ripieno 
(Caffè?
Sì.
Ammazzacaffè?
Amaro della casa c'è? Sì. Allora sì.)
Pigliamo tutto, dicevo,
farciamo e poi
lasciamo cicatrizzare.
Si mangeranno tutto
quegli animaletti dai versi ritrosi
sottopelle, per cena
al chiaro delle luci di lucciole
e qualche scorta per l'inverno
che ho appena finito di digerire.

Tuesday, February 28, 2012

Uaccaeffe (UHF)

Aspe'
più a sinistra
no, troppo.
Fa' una giravolta
falla un'altra volta
guarda in su
guarda in giù no
ché ti vengono le vertigini
poi cadi e ti sfracelli.
- Rimetti-a-posto-la-candela.
- Cretino.
- Ruota di cinque gradi a babordo.
- Smettila. Si vede lasette?
- No. In compenso
ci sono le repliche delle
nostre rispettive cazzate.
- Videoregistrale, ché
ci tornano utili
secondo me.
- Si ma te
non ti muovere.
- Ci ho i crampi di sintonia
son stata ferma immobile
per troppo tempo
prima di venire via.
- Macché, fuggivi sempre
questa non me la bevo
non me la puoi raccontare.
- Te sapessi
quanto si sta immobili
anche quando si è pronti
a sgattaiolare.
- Fa' un passo a destra
uno però: che sia uno solo
Di meno.
Di più.
- Niente, così è difficile
che fai scendi giù?
- No, sono le sei
inizia il tramonto
dai, sali tu.



Saturday, February 11, 2012

Undesirable Alien

Estraterrestre,
fa'mo a capisse:
non è più tempo di discussioni
affacciati all'abbaino
col cosmo vicino.
Tu che fai dei calcoli complicati
e ti commuovi
perché ti manca casa
e ti chiedi se torneranno a prenderti
se
si ricordano ancora di te.
Io che
penso agli anni luce trascorsi
davanti al cancello di scuola
e sorrido e ti dico: che vuoi che siano
un paio di galassie di distanza
che vuoi che siano
in confronto a una madre che non arriva mai
a un amore che non perdonerai.
Stai sereno, estraterrestre,
non è più tempo di discussioni
di sentirsi alieni
- va be', te sei autorizzato -
stai sereno, ché ora scendono
ci salutiamo con quel gesto che mi hai insegnato
riparti e chi s'è visto s'è visto
però
estraterrestre, fa'mo a capisse
non vi azzardate, te o i tuoi amici
ché lo so che 'ste cose le fate
non vi azzardate
a portarmela via
estraterrestre,
va bene l'abbaino, il cosmo,
le barzellette sugli anelli di Saturno
va bene tutto
ma
te e gli amici tuoi
me la lasciate qui:
niente rapimenti
fasci di luce
esperimenti
niente amnesie
niente 'poi te la riportiamo'
no, niente di niente.
Lei la lasciate qui
con me
altrimenti due ceffoni
te li do subito
e due
quando arrivano
gli amici tuoi
a portarti via.
Estraterrestre, siamo intesi
non scherzo: uomo avvisato...
va be', mi hai capito.

* il titolo viene da qui

Thursday, February 02, 2012

L'Agente segreto


Sono in missione
per conto di un tale
non posso - mi capite -
rivelarne il nome.
Fatemi delle domande
al limite
e io rispondo: 'sì', 'no',
'eh, tipo'.
Sono in missione
già in viaggio
mi sposto con mezzi di fortuna
dormo dove capita
dovunque ci sia
una porta da chiudersi
alle spalle
uno specchio
per controllarmi
i denti che azzannano
l'aria
e il gusto distante
di lei.
Sono in missione
e quando vanno
in missione
gli uomini son soli
perché niente li distragga
dal non lasciare tracce
e non ne lascio io
sono professionale
cancello meticoloso impronte
dove passo
io, neanche saprei tornarci
dove passo io
non cresce neanche un saluto
neanche uno sguardo incrociato
per sbaglio.
Diresti che sono solo,
perfino derelitto
invece sono in missione
per conto sempre
di quel tale
di cui non posso - mi capite -
rivelare il nome.
Non fatemi delle domande
ché tanto le risposte
sono aria che mastico
con un'espressione distante
un gusto assente.

Tuesday, January 24, 2012

Accadueò

Ci ho
i laghi dietro agli occhi
delle volte
ci ho.
Un secchio pieno d'acqua
che sciaborda nel petto
ci ho.
Pure delle volte ci ho
il mare nel cassetto e
le mille bolle blu
quando proprio affogo
(è raro, però).
Piscine nelle scarpe
quando rovescia il cielo.
Le pozze smarginate
se perdo le occasioni
dai palmi delle mani.
Le strade
a forma di acquedotti
se dopo mi allontano
e vasche con i pesci
se immergo i pugni in tasca.
Invece nelle vene
ruscelli canterini
di fonti in alta quota:
ci annaspa il mio respiro
se sento che sorridi
contenta che vuoi me.

Wednesday, January 18, 2012

Nel senso di come


Mi piace come mi cerchi
nel senso di come
mi trovi
e anche
di come fai
una linea rotonda
intorno a me
circonferenziale.
Mi piace come mi cogli
nel senso di come
mi sradichi e deponi
lungo il tuo corpo
e anche
di come mi capisci
per esempio
quando è il caso di metterti
tra me e le porte
che hai già per giunta
previamente inchiavato
(astuta)
Mi piace come mi avvicini
nel senso di come
accorci le distanze
tra te e l'interno
di ogni mio abito
dotato di bottoni
cerniere
oppure sollevabile
e anche
nel senso di come
ti fai avvicinare
e mi fai diventare
un posto da cui
non ti vuoi allontanare.
Mi piace come mi accorpi
nel senso di come
mi accorpi
poiché ci son parole strane
che a spiegarle
si fanno dei giri
noiosi angolari:
e questa è una di quelle
ma tu già lo sai
perfino un po' meglio di me.

Friday, January 13, 2012

A tessere il mare

A tessere il mare
ci vuol del tempo
del tempo e del talento
ci vuole di essere
Penelopi in attesa
tra un'onda e l'altra
fare e disfare:
dire, fare e disfare
lettera e testamento
imbottigliato
alla sorgente
dell'orizzonte ottico.
A tessere il mare
mica sono capace, io.
Ci vuole del tempo
un telaio enorme gigante
un arcolaio subacqueo
fare e disfare
onda dopo onda:
una pazienza assurda
e irragionevole, specie di fronte
al casino che combinano
i delfini o i pesci sega
per non parlare dei polipi giganti
fetenti adoratori casinisti
delle decorazioni
con le alghe all'uncinetto.
A tessere il mare
bisogna saperlo fare
più che altro familiarizzare
con il disfare
che è una cosa di correnti
calde, fredde; di salinità
di sciapità (non esiste, ma
ci siamo capiti)
di flussi e riflussi e deflussi lacrimali
(in mare si sa,
il pianto una mesta fine ha).
Volendo io allora
cocciuto cimentarmi
sereno tesso a riva
cardando i riflessi della risacca
e in capo a qualche mese
un maglione bellissimo avrò
color di sabbia rilucente lo farò.
Penelope, tranquilla:
poi te lo presterò.