Saturday, December 25, 2010

L'avre(st)i mai detto

Trovati - trovami - trovami in te
trovati in me poi
dimenticati dov'eri
e ritrovati
in me che ti trovo
perché mi trovi e mi ritrovo:
quanti due siamo io e te?
Due o di più
a multipli di noi?
Perditi ché poi ti ritrovo
ché perdermi non se ne parla
se ti trovo in me confusa
ma non spersa, né sparsa
piuttosto tutta intera:
l'avresti mai detto? Io sì.
Ci son pezzi di te
sotto i mobili
il tappeto
nei posti dov'era da un po'
che non guardavo più.
Anticipavano il ritrovamento
in me di te
e - l'avresti mai detto? Io no -
di me in te.
Allora fermati quando mi trovi
poi cercami ancora
con mezzo respiro prima
di ogni sguardo,
con mezzo sorriso
da ricucire intero
un secondo dopo il mio
e fa' che ti trovi senza cercarti
fa' che mi trovi senza sfuggirti.
E tutto questo è un giro
che non lascia postumi
all'equilibrio circolare
e tutto questo è un vortice
alimentato all'infinito
dalla mia scoperta ritrovata
di te in me.

Monday, December 13, 2010

Patteggiamento

Io
ti cito per danni
da assuefazione al bello
ché è tutta colpa tua.
Io
ti incrimino
per l’intensità reostatica
dei tuoi movimenti
verso di me.
Io
ti faccio a spicchi
come i mandarini,
a quadretti
come i ravioli,
a striscioline
come fettuccine o
un documento
compromettente.
Io
finché non la smetti
di credere alle lancette,
ti affetto tutti i cinturini
degli orologi,
ti sradico i numeri
dai quadranti,
ti dedico un’ecatombe
di cucù.
Io

ti scartoccio e ti spiano,
ti sfilo, forte
come il foglio dal rullo
della macchina da scrivere.
Come una cerniera lampo:
riaperta la bocca
cucita.
Io
finché non ti fai
appallottolare e
portare via
in braccio
- via lontano, intendo -
ti lascio stare.
Sì, hai capito bene:
io ti lascio
stare.
Tu prenditi il tuo tempo
che forse poi
anche il mio
così
avrai.

Monday, November 29, 2010

La cura della sciofobia

Le cose hanno le ombre:
fatte a forma di se stesse,
ma buie di vuoto nel contorno
che hanno in mezzo al mondo
dove per vedere c'è
un sistema complicatissimo
con la luce che colpisce
gli oggetti
e anche per questo
agli oggetti noi
siamo ancorati
e pure loro alle ombre
(e alla fine quindi poi
pure noi).
Nelle ombre delle cose
ci si sta male
infatti perlopiù
io tendo a piazzarmi
sotto al sole
e quando vedo che
l'ombra s'avvicina
mi sposto
un po' più in là.
A voler usare un nome
tecnico preciso
sono sciofobico:
come ne vedo una
mi allontano perché
a gettarci luce
si creano altre ombre
e altre dopo ancora:
sempre per quella questione
del sistema complicatissimo
di rifrazione.
Per questo quando te
mi acchiappi per la manica
e accartocci il buio
e poi ci soffi su
io smetto di parlare
mi infilo nella tasca
un paio di candele
- così per precauzione -
ma poi alla fine vengo
dove vai tu.

Monday, October 25, 2010

Poesiola quasi d'amore scritta dal luogo di confine dove poi le cose finalmente - era ora - son cambiate come avrebbero dovuto (da tempo, per la verità)

Io, te
ci son dei momenti che
ti collezionerei:
divisa in parti
- diverse non uguali - io
le collezionerei.
I sorrisi, gli occhi che
mi punti
tutti per benino
con le date e
in ordine cronologico
- anche alfabetico, volendo -
li collezionerei
ché poi si schiaffano i momenti
alla rinfusa, nei cassetti
sugli scaffali, in dei posti
che vattelappesca.
E invece
è importante tener traccia
con un certo criterio
una certa attenzione alla
conservazione.
Io, te
ti direi pure
guarda: prenditi dei vestiti miei.
Pigliateli. Giacche, maglioni,
camicie, magliette
toh: pigliati tutto.
Fai che mi indossi,
non tanto per metterti
nei miei panni
ché proprio - guarda -
io te lo sconsiglierei,
ma indossami: sformami
le felpe, le tiscert
come fate voi donne
coi fianchi, le curve.
Rendimeli momentaneamente inservibili
per me che son uomo longilineo:
indossami questa vita e
mettiti comoda.
Ecco - guarda - mettiti comoda
ché poi ci sto comodo anch'io.
Io, te
non saprei bene spiegare
ci ho fatto pure delle ricerche
(sono un tipo che si ostina,
te lo avranno riferito)
delle prove empiriche.
Macché, niente
non si capisce.
O almeno: io proprio non son buono
a dare una spiegazione
del fenomeno elettromagnetico
(suppongo) per cui mi calamiti
al suolo, fermo,
come immobile tra un ipotetico polopositivo e
un altrettanto ipotetico polonegativo
(dove vado? E dove vuoi che vada?).
Come fai? Non lo so.
Lo intuisco, ma non lo so.
Io, te
vorrei pure provare a dirtelo:
spiegarmelo, poi dirtelo.
E invece, io
- segretamente contento -
dirtelo
non voglio:
più che altro
mi godo l'attrazione e
faccio un po' finta che
io, dirtelo
proprio non so.

Sunday, October 03, 2010

Il Rimario all'Incontrario

'Imbrunire'
nelle poesie
non si può dire
nei testi delle canzoni
a volte sì
ma nelle poesie
'imbrunire' no,
non si può.
Si può dire
'scolorare'
'digradare'
'tramontare'
pure, volendo
ma 'imbrunire' no:
nelle poesie
non si può.
Non si può fare
la rima
tra 'amare' e 'baciare'
c'è troppo in mezzo
tra 'amare' e 'baciare'
non proprio quanto
tra il 'dire' e il 'fare'
ma insomma, di mare
in mezzo ce n'è:
si rischia
di perdere il suono
della parte finale
e ritrovarsi
una parola orfana
di qualcuno che
non si sa più identificare.
'Baciare'? Chi, cosa?
E devi tornare indietro
per ricordarti
di 'amare'.
Per cui.
L'altra sera si parlava
e io mi son detto
che forse
ci sarebbe da scrivere
un rimario all'incontrario
di rime che non si possono
fare
di parole che non si possono
usare
poi ognuno
fa come gli pare
- beninteso -
c'è mica da stare più di tanto
a sindacare.
Non si può dire
per esempio
'ripiego'
ma 'farfalla' sì
- con parsimonia.
'Triceratopo' invece sempre:
si può sempre.
Si può dire 'volàno'
ma non 'divano'
o meglio:
se è a tre posti no,
a due sì.
A tre no (mi dispiace,
organizzatevi l'arredo).
Si può rimare
usando 'battaglia'
e 'giunchiglia'
- "la battaglia infuriava
tra le giunchiglie
con grande disappunto
di una quaglia"
per dire
va benissimo -
ma non si può fare
la rima tra 'speranza'
e 'danza'
(sconsigliato anche
usare 'rimembranza'):
"La danza della speranza
sul terreno accidentato
della rimembranza"
potrebbe incenerire la pagina
per autocombustione.
(Poeta avvisato etc, etc)
Insomma sarebbe
un rimario
all'incontrario
con precetti generali
di buon gioco
con il vocabolario
ma il punto è
che quando si parla
di quello che resta
indietro di un passo
al mio desiderio
- lo vedo da me -
per quanto io tolga parole
il modo giusto
per dire
del mio malinconico
stupore
non c'è.

Monday, September 27, 2010

Coglimi le cose (tre son le cose che)

Tre son le cose che
piacciono a me
alla luce del tramonto
che per l'occasione
me le cucina
flambè.
Tre son le cose che
piacciono a me
son poche, lo so
ma c'ho il cuore
grande come
un bagaglio a mano
 - me lo han pesato
sempre durante
i voli economici -
e ormai
mi son abituato
a farcene star tre:
tre piccole cose
che piacciono a me.
Mi piacciono
quelle cose che
prendono la rincorsa
quando mi cercano
e su di me
ci atterrano
ci planano.
Voltarmi quando mi chiamano
col mio nome
ché si capisce
che son felici
di avermi trovato.
E poi mi piace che
mi sorridano
diretti o di sguincio
trequarti o interi
con gli occhi chiusichiusi
o semichiusi
a sbirciare
l'effetto che mi fa.
Tre son le cose che
piacciono a me,
ma sono piegate
come i maglioni
nei cassetti in fondo
giù nei meandri del
cambio di stagione,
come questo settembre
che passa il palmo sui capelli
e mi fa
sulla guancia
uno sbuffo
di inchiostro di Bic
di cui mi accorgo dopo
e trovo che mi stia bene
anche se intingo il dito
in bocca e lo sfrego
e lo pulisco
lui rimane lì
a ricordarmi che
tre son le cose che
piacciono a me
e se ne trovi altre tre
che piacciono anche a te
le moltiplichiamo per me
e per te.

Saturday, August 14, 2010

Timpano Cuore Timpano

Sentimenti niente.
Non pervenuti.
Tanto che
mi controllo
gli ossicini del cuore
lo scuoto
come fosse
un porta gioie
e il termine
mi pare subito
poco indicato
visto
il grigio da reliquiario
del contenuto.
Ma insomma:
verranno -forse-
tempi migliori
-così si dice,
così mi dico.
Verrà la bocca
in grado di
ospitare
la voce che
da anni ormai
mi chiama,
che sa
il mio nome
il suono che fa
quando il cielo
mi apparecchia
per due.

Friday, July 30, 2010

Un buon non compleanno

Accendo le antenne
sui tetti
come candeline
per il compleanno
di ogni notte
in cui
mi son salvato
semplicemente
alzando gli occhi
al cielo
buio
pesto
per le botte
che gli ho dato
al cielo
di notte
ed eran botte
dio, che botte (cit.).
Un buon
non compleanno
per ogni notte
in cui
non ho pensato
a te
un buon compleanno
per ogni notte
in cui
mi son raccattato
dal fondo
buio
pesto
delle botte
che mi sono dato
ed eran botte
da orbi
ché infatti poi
giocavo a mosca cieca
con la serratura
del mio scrigno
hai presente, no
il mio scrigno?
In fondo al mar
in fondo al mar
no, più giù:
negli abissi neri
bui
pesti
a loro però
niente botte
ché l'acqua non si picchia
altrimenti affoghi.
L'ho imparato.
Accendo le antenne
sui tetti
come candeline
per il compleanno
di ogni notte
in cui
mi son salvato
perché 'stanotte
festeggio e
guardo in alto
salvo ancora
dal dare tempo
al tempo
che il tempo
mi da.

Wednesday, July 28, 2010

Per via telepatica

Volevo leggerti nel pensiero,
ma poi
mi sono dedicato all'incavo
del tuo braccio
e quello che pensi
è venuto fuori
come un livido leggero
a forma di sedia a sdraio
quelle da mare
e allora ci siamo accomodati
tutti e due
con la bocca lì
silenziosissimi
non mi dire niente
non ti dico niente
Ecco, bravo.
Ecco, brava.
-tutto questo
per via telepatica
ché eravamo silenziosissimi-
e io ho notato
sempre lì con la bocca
nell'incavo sedia a sdraio
che ti eri sgualcita
allora t'ho spianata
un po' con la lingua
e la tua pelle
ha fatto un rumore di tovaglia
grattata a fine pasto
con le briciole
e a me m'hai fatto
tenerezza.
Quindi t'ho presa -delicato-
e t'ho sgrullata alla finestra
non senza
qualche difficoltà.
Poi t'ho ristesa
in un posto nuovo
un tavolo nuovo
di quelli che non ci vuole
un fiore
per fare il legno
forse un seme sì
ma non è rilevante,
almeno non adesso.
E te hai rotto il silenzio
come un uovo di cioccolata
e hai parlato poco,
pochissimo,
solo per dire
"Non credevo saresti
tornato.
Non sapevo m'avresti
cercata".
Ed il tempo prima
di noi
era tutto sbagliato.

Friday, July 02, 2010

Piccola Verità

Te mi fai sempre
un sacco di domande
perché sei venuta
fuori
un po' troppo
simile a me:
se non capisci
t'impunti e non
cedi neanche un
millimetro,
mi guardi in delle zone
imprecisabili
del viso,
mi guardi
come c'avessi
scritte delle cose
nelle rughe
d'espressione
e pure in quelle
d'invecchiamento.
Mi scosti
dei ciuffi di barba
come c'avessi
sotterrato le
risposte.
Poi t'accoccoli
ancora indagatoria
in dei modi strani,
io t'annuso
i capelli
e ti dico che
sei bella
te lo dico finché
ti sfinisci
mauffa
mabasta

e invece
io insisto finché non
mi sopporti più
perché penso che così
te lo ricorderai
tutti i giorni in cui
io non ci sarò.
Sei bella e te lo dico
fino allo sfinimento
così quando il mondo
cattivo e impreciso
farà finta che no,
tu ti ricorderai
di tutte le volte
che t'ho spazientita
con mille nomignoli di
bellezza:
mia piccola incrollabile
verità.
E allora saprai
che quello che fa per te
se non trova la tua
bellezza
allora
non è là.

Wednesday, June 16, 2010

Spicco

E' che bisogna
star pronti
a partire
di nuovo:
c'è scritto
sulle ali
degli aeroplani
sui bagagli
specchiati
a mano
libera
nei frulli
dei tabelloni
arrivi/partenze
arrivi pochi
partenze
-di più-
per quello bisogna
star pronti
-di più-
disposti
al decollo.
Come quelle ombre
che ti rimangono
tra le dita
quando riaffiori
la mano
dall'acqua.
Certo che ho
paura
ma ci sono cose importanti
da vedere
da realizzare
da ricordare.
E tu
invece di chiedermi
di prometterti
di non morire
mi allaghi
dai tuoi occhi
inondandomi
mi chiedi
di prometterti
una seconda
possibilità
e io
figurati
se non concedo
una seconda
possibilità
alla felicità.
Mi accomodo
sul bordo
delle cose
di ogni cosa
così da
esercitarmi
al volo improvviso
ché un fringuello
-per dire-
mica lo sa
quando gli tocca
di spiccare:
è un'intuizione
del momento
una spinta inconscia
non è mai
solo un fatto
di vento.

Thursday, May 27, 2010

Cuore di Tonno Contro Cuore di Panna

E' così che si perdono
le cattive abitudini:
è così
che si smette di
crepare a testate
i muri
dei mancati
appuntamenti con
le solide convinzioni,
così si smette di
sfibrare
coi polpastrelli
il cuore
delle disillusioni,
di sbranare
a morsi
le errate
valutazioni
per poi ingoiarle
e digerirle
male in mesi
di considerazioni.
E' così che si
perdono
le cattive abitudini:
così la fai
finita
di piantar chiodi
per quadri
che ti sciolgono
gli occhi
su povere ignare
pareti di cartongesso
che frana.
E i nodi
al pettine?
Paiono una portata,
un piatto del menù:
"Mi dia dei
nodi al
pettine.
Se arrivano caldi
va bene
altrimenti
mi porti del pane,
grissini a piacere
ché sfido a duello
un cuore di tonno
qualsiasi
col cuore di panna
che c'ho.
Se vinco, il conto
lo pagherà lui:
si tenga pure
le briciole
a me non importa più
neanche un po'.
Si perdono
le abitudini cattive
nel lampo di uno sguardo
che balla
soltanto per te
e prende calce e
cazzuola
e infila due righe
di mattoni
di quelli che bastano
a farti sedere
lontano da terra
e poi chiacchierare
sul palmo della mano
leggeri
incominciare
a
respirare.

Thursday, May 06, 2010

Ciuingam

Hai perso gusto
o forse son io
che non mi accontento più
ci avevo preso
gusto,
ma poi è finito
e ti ho incollato
sotto il primo banco
degli imputati:
era vuoto e
mi son seduto
ché i posti in fondo
son sempre occupati;
e poi mi son rialzato
un po' disorientato
dalla sentenza.
Uscito
scopro che
ad attendermi c'è
questo coraggio
a forma di fantasmi
sbugiardati
tipo quello formaggino
spalmato su una fetta
del panino
spaurito e un po'
cretino
che neanche
fa ridere più.
C'è questo
risveglio
al sapore di pane
sbocciato
la corolla che si spacca
fragrante
come il sorriso
che hai:
sfornato
ogni volta
ancora
una volta
e fianchi
morbidi
di mollica
che respira
l'aria.
C'è questa fatica
lieve
che ti stanca le mani
e ti lascia il cuore
leggero
assennato sulle rotte
transoceaniche
con colpi d'ala
sporadici ed eleganti
danzanti
finché la destinazione
non trova il tuo nome.

Wednesday, April 28, 2010

Illusionism'

Preg'
madamemmessie'
an poc' d'attension'.
Questo è un numero
di sparizion'...
sparimento...
sparecchio...
come dite voi?
Sparò?
Menò menò!
State calmi
non sparò
era una butad'.
Dicev'.
Questo è un numero
di alta magia
illusionistica
un numero di scomparimento
una cosa che ora c'è
e dopo
ualà
non c'è pa'.
(Pardon
è la rimà)
Non c'è truc'
e non c'è ingann'...
un poco di truc'
verament' c'è.
ingann'
mi pare eccessiv'.
Osservate pregò
le mie mani:
belle, nevver'?
Belle ma vuote,
controlle'
sivuplé.
Ora vi preg'
di sposter'
i vostri occhiett'
alla mia sinistr'.
Cioè la vostra destr'.
Mi raccomand':
non fate confusion'
ché il numero poi
se ne va a putèn'.
Dicevam'.
Alla mia sinistr'
cioè la vostra destr'
(madam', sivuplé
purdelà)
abbiamo un esemplar'
tremagnific'
di ricord'.
L'è un po' sbiadit'
-pardon-
è il temp'.
Le ricord'
comm' voi sicurmònt sapet'
son le cose plù diffisil'
da far sparizioner'...
sparecchier'...
come dite voi?
Scomparimenter'. Trebien'.
Ora il qui present'
farà l'operà de magià.
Con le solo poter'
delà forz' delà magi'
smantellerà
le ricord'.
andetruà
le ricord'
ilnepa'.
Menò!
No adess'
traunpoc'
fatemé preparé.
Ecchecazz'.
Respirasion'...
concentrasion'...
rien:
non gliela fò.
Oh parblé
parblé parblé
che disdett'
pardon
madamemmessié
le ricord'
sta ancor' delà
alla mia sinistr'
cioè la vostra destr'...
Non è che vi potete
girar'? No?
Mannag'.
E dir' che una volt'
mi bastav' poc'
sarà l'età.
Bòn. Alòr. Vi cant'
an cansion'?
No? An barzelett'?
No? Oh me miser'
me tapin'
tapin' tapin' comm'
un topolin'...
Che succed'?
Comm' dit'?
E' disapparit'!
Mondié!
La scomparision!
Fermitutt'!
Dov'èandat'?
Chi l'ha vist'?
Indietreggé!
Porcaputèn'!
E' sparizionat'!
Gentil public'
ci volev' poc'
ma non così poc'
-evidentement'-
è il poter' delà magi'
che quel che sbiadì
apré
lo fa spari'.

(Musicà
- sivuplé)

Tuesday, March 30, 2010

Press Play

Mi lascio costruire
da dentro lo stupore
lo spazio
per le fondamenta:
pilastri immensi di
meraviglia
cattedrali di fascinazione.
Sono un terreno
edificabile
con tutti i permessi
le concessioni
in regola.
Sono come quei pensieri
che ti scivolano
via
dalle dita
aggrappato al mobile
della cucina
in piena notte:
il tempo di
sentirli andare
ed è già l'alba
ed è già la proiezione
alla finestra di un
fermo immagine
irrequieto
un viso che sta per
voltarsi
un milione di volte
al secondo.
Il continuo
promettere
che prima o poi
qualcuno
rilascerà il tasto
della pausa
ed esausto
io finalmente
ancora
quel viso
lo riconoscerò.

Madonna dei Neon

Madonna dei Neon
che proteggi
i corridoi desolanti
delle scuole
le sale d’attesa
e tutti ci rendi
più asfittici tristi
Madonna dei Neon
che falsi i colori
la messa a fuoco
di stati d’animo
e umori
Madonna dei Neon
sfarfalli le raccomandazioni
di questa gente
devota
al tuo culto
reostatico
delle cose
che han bisogno di tempo
per essere viste
in ritardo
Madonna dei Neon
esaurito
il gas consunto
di nobile
ha poco
inerte piuttosto
come il tuo sguardo
immobile
davanti alla mediocre
resa
asintomatica
di un settimanale
patinato
che riflette
il tuo credo
Madonna dei Neon
inutile, dannoso
e povero offende
la semplicità
della meraviglia
con la scusa
del rincorrere il
distante.
Madonna dei Neon
io chiudo gli occhi
dietro i polpastrelli
pigiati
li riapro
ed è già ora
di uscire
al sole.

Saturday, March 27, 2010

Cosedafare (reloaded)

Di mestiere
io farei quello che
legge i libri
con la punta delle dita
sulla punta delle dita
altrui.
Oppure anche quello che
ragguaglia gli squarci
alla fine dei vicoli
così che si aprano
smaglianti
quando passa lei
(citazione).
E poi, io
di mestiere farei
quello che
applica le decalcomanie
protettive
sulle spalle
per alleviare il peso
dei fraintendimenti.
Spianerei le
cose corrugate
con i miei
satelliti
di cartone e stagnola:
orbitanti
geostazionari
stellarmente
ammiccanti.
E -anche- io
di mestiere farei
quello che vortica
le acque dietro agli occhi
che lottano per uscire
tramutandole in succhi
da sorseggiare
fianco a fianco
con i rammarichi
e gli sprechi
di fine giornata
- a che ora staccano
le tue perplessità?
Turni flessibili
sui fianchi che
caracollano
verso di me:
è già il momento di
ricominciare (?)
e ignorare
se hai dato forma
ai tuoi languidi e
coscienziosi Perché.
Questo di mestiere
per dire, infatti
non lo farei:
sostituirmi al tempo
e all'edilizia abusiva
che infesta certi alberi
con la pretesa
di regalargli
prefabbricati
altamente
inadeguati.
Ma il mestiere di
guardarti arrivare
anticipandoti il giusto
quello sì
lo saprei
fare.

Tuesday, March 23, 2010

Orvuar

Ti apro
la porta
che è tardi
mio sciocco
rancore.
Ti apro la porta
tu entra
vuoi mica
un caffè?
Non so, qualcosa di caldo?
C'è ancora
quell'umido
stronzo
la notte
e io
sono un tipo
ospitale.
Mio sciocco
rancore
ti siedi
affianco
e smotti
dei fogli impilati
ti siedi e
mi fissi
come se non
mi riconoscessi.
"Mio sciocco rancore
che vuoi?"
"Volevo sapere se torni."
Mi dici
in apnea.
"Mi tenti
mio sciocco rancore
mi tenti
lo sai che mi tenti."
"E allora perché
non ritorni?
Ragioni ne ho
sconfitte ne hai
fetenti abitudini
a iosa
non sai che dolore
mi dai."
"Mio sciocco rancore
non posso."
"Ma vuoi?"
"Non posso e non voglio
e poi
mio sciocco rancore
non provo ormai quasi
più nulla per te:
dovessi adeguarmi
a tue antiche
pretese
io proprio
rispondere
non ti saprei."
"Ma c'è ancora
qualcosa che senti
lo vedo, lo so
mi evochi piano
lisciando ferite
che
ancora ti portano a me."
"Mio sciocco rancore
è il tempo che passa
e i danni che io
ho seminato con te
scordare giammai
li potrò
ma
mio sciocco rancore
sei un gioco
che sbaglia
le regole
e a perdere così
io non ci sto."
"Ma forse potresti
tentare, rischiare..."
"Mio sciocco rancore
facciamo una cosa:
tu prendi la porta
di casa
in spalla i rammarichi
che trovi sull'uscio
poi quando più avanti
la incontri
salutala
e dille che ha vinto.
Mio sciocco rancore.
Dille che qui
non ti ritroverà.
E goditi almeno
il commosso sorriso
che avrà.

Thursday, March 18, 2010

Pausa in dodici ottavi

Aspetto sulla nota
per entrare
a tempo nelle cose
perfette
fintanto che
ci puoi cantare
fintanto che
ti puoi
prendere un po' in giro
per farle rallentare.
Tergiversare e
non smettere di chiedersi
se in fondo hai fatto bene
a darti il modo di
dimenticare.
Mi manca il sapore
delle risposte
di sabbia panna e
cioccolato
stampate sulla latta,
appese qualche centimetro
più in alto
della mia età.
Mi manca il cerchio che
si chiude come pista
per le biglie,
urlare
arrivato in cima
dove l'unica ragione
per piantare una bandiera
è che poi diventi vela.
E mi manca
non avere da lottare
non dovermi perdonare:
non sbagliare quasi più.
Domandarmi
che cosa c'è di bello
nei miei sorrisi al mondo
che cosa mai ci trovo
in tutto quello che
non ho.
E ancora
mi manca
il desiderio distante dal
dolore
che odora di aprile
mentire
dicendo che al mare
non ti ci porto più.
Eppure mi manca
rubarmi le parole
convincermi che il tempo
mi gioca ancora qualche
strano scherzo.
E in buona sostanza
mi manco pure io
anche se c'è chi mi segue
chiamandomi per nome
ma non è quello che
vorrei
trovassero per me.

Wednesday, March 17, 2010

Ignòro

Quanto misuri
in altezza io
non lo so
quanto di piede
taglia di vestito
niente
non lo so
di coppe di seno
macché;
quanto di metrocubatura
di fianchi morbidi:
nulla, zero, nada.
Ignoro la tinta di melange
dei capelli che hai,
la distanza tra
le labbra tracciando
una diagonale
fino alla punta del naso
non so proprio
quale sia.
Non so che cosa
sognavi da bambina
se effettivamente
ti piacciono gli occhi
scuri o quelli chiari
gli uomini che parlano
poco o quelli
che roboano cazzate
figurarsi:
non so neanche
se ti piaccio io.
Non so se preferisci
la strafottenza
o il coraggio di una
paura confessata.
Non so che suoni ti piacciono
-è importante.
Se preferisci
la pasta al dente
o quella a un passo
dallo sfaldarsi
insieme al condimento.
Non ho la più
pallida idea
di quanto ti interessi
la discografia
precisa
dei Beatles:
percarità
non è fondamentale
ma insomma.
Non so se la barba
i baffi
ti piacciono
oppure no
le metafore
i capricci
boh, ti danno noia?
Gesù, quanta ignoranza
che detengo
di te.
Eppure una cosa
io la so.
Una cosa che l'ho intuita
così
di straforo
mentre andavi in bagno
lasciandomi
in quella solitudine
da intervallo
tra una ripresa e
l'altra
io l'ho intuita:
che tu una finestra
con me
la spalancheresti.
Non è molto,
ma è già qualcosa.
Credo.

Monday, March 15, 2010

Comequando Dentroaccade

Come tutti i baci
che atterrano in formazione
nelle linee che nascondi
quando curvi le intenzioni.
Come il concerto modulare
di mille sensori
che fanno scivolare le porte
di un terminal
prima di uscire
fuori.
Come il suono segreto
dell'appiglio magnetico
al primo sguardo
appena riemersi
dall'acqua
o il contatto
curativo
con ogni incavo
del corpo
completato.
Come l'inquietudine
collinare
delle barche rovesciate,
come il tempo
antilineare
sotto le coperte
rabboccate.
Come l'aria che non serve
quando il respiro scova
quegli anfratti illesi
nonostante la fatica
di sopravvivere ancora;
come il piede poggiato
in mano
che impara un altro
camminare.
Come il gioco di scambiarsi
i millimetri di dubbi
quando leggi ad alta voce
per chi ha smesso
con le favole
di imparare.
Come il giorno in cui
il cappotto
si trasforma in un rifugio
e vorresti registrasse
le parole
attutite dal pesante della lana
idrorepellente
così anche io
come te
allora
mi sento.
Esatto,
mi sento.
Perfettamente.

Saturday, March 13, 2010

Infradita

Ogni tanto io ti vengo a trovare.
Non sempre, non spesso
ché sempre o spesso non si può:
c'abbiamo le nostre vite
le nostre cose
le nostre distanze elastiche e involute.
Però ogni tanto,
diciamo con cadenza semestrale,
io vengo a trovarti
o tu vieni
a trovare me - dipende.
Insomma: ci si trova.
Ci si incontra in posti strani,
io e te.
Negli interstizi dei bocchettoni
dell'aria della macchina
nei carrelli dei supermercati
nelle sbucciature delle ginocchia
quando è un giorno appena
che hanno rimarginato,
nei pacchetti delle caramelle
o delle patatine
con la sorpresa.
Ci si incontra senza preavviso, io e te.
Siamo due testedicazzo vere
io e te
ma ci capiamo:
la bontà ci ha corrotti entrambi
in un modo che la gente non coglie
e ci piglia per matti
(te di più, ché sei scema forte).
C'abbiamo i nostri rituali
hai voglia a schiodarci
col passare del tempo e degli anni,
smorfie come allo specchio
quella volta che abbiamo sedotto
i multipli di noi stessi
in ciascuno, rispettivamente.
Poi, dopo le cose di rito,
te mi ti attorcigli
gambe e spazi infradita,
mi dici piano che sono cretino,
ma è quello in buona sostanza
il mio bello
e parliamo per ore
capitolando arresi
all'evidenza del conoscerci.
Ogni tanto
un bacio ci scappa
perché siamo
due testedicazzo vere
io e te
e pure qualche schicchera
elettrostatica
perché io sono attaccabrighe
e tu c'hai una fierezza
che 'manco uno stormo di regine
o dei cigni in parata (regale).
Ci piacciamo così,
di una confidenza semestrale
che nessuno sa
eccetto
qualche pettegolezzo
una fuga di notizie,
ma niente di conclamato.
Non stiamo lì
a chiederci che fare:
volendo, lo sapremmo pure:
ma la bontà ci ha corrotti entrambi
e sappiamo solo perderci ogni volta
convinti che
questo siamo
questo niente saremo.

Thursday, March 04, 2010

I sogni son dei posti sicuri (quasi)


Io, i sogni,
c’ho due problemi
fondamentalmente.
Il primo è che
li faccio con la regia.
Controcampi mai
ché se ti vedi in viso nei sogni
mi dicono che non stai bene
e io proprio bene non è che sto,
però insomma
‘manco ’sto disastro.

[...continua qui]

foto via

Wednesday, March 03, 2010

Trattreanni

Trattreanni
tu mi cercherai
seduta in cucina
alzando lo sguardo
dal manuale delle istruzioni
di un aggeggio che
ora non esiste,
ma trattreanni
esisterà.
Mi guarderai
in quel modo
buffobuffo
che c'hai di guardarmi
quando pensi che
vuoi fare una cosa
insieme a me.
Trattreanni
mi dirai:
"Massi, secondo te
bisogna pigiare
il tasto due
volte o tre?
Ché qua, mica si capisce".
Io, trattreanni
mi alzerò dal tappeto
dove rotolavo
fino a quel momento
con una cosina
per niente somigliante a me
(diotiprego)
somigliantissima invece
a te, ma vestita
di verdemela,
la adagerò con cura
su un cuscino fluffoso
e verrò lì
dietro le tue spalle
proprio dove mi piacerà stare
trattreanni, all'altezza
della tua nuca
dirò: "Vediamo un po'..."
sbirciando il manuale
complicatissimo delle istruzioni
mentre mi metterò
il tuo indice e il tuo medio
all'angolo della bocca
tipo biscotto Togo
per godermi il dolce
della tua pelle.
"Cavoli!" -dirò
"mica si capisce, effettivamente".
E pigeremo a quel punto entrambi
il tasto due e tre volte
per un totale di cinque
così che l'aggeggio che ora non esiste
ma trattreanni sì
(signoramia, la tecnologia)
starà in silenzio
e basiti ci guarderemo
e guarderemo la cosina verdemela
sbavettante sul cuscino fluffoso
e ci faremo
un sacco di risate.
Trattreanni sarano treanni
che ti conoscerò.
Trattreanni meno un giorno
che spero sia domani
io ti saprò.

Monday, March 01, 2010

Come va a finire

Memorizzo l'ubicazione
degli estintori:
col dito li punto
sulla planimetria
sentimentale.
Evacuo la zona
come una maestrina
giovane e gentile
farebbe coi suoi alunni
che inciampano
nei lacci delle scarpe
sciolti come spaghetti
scotti;
lacci di scarpe
di un futuro grande
quanto un astuccio
pieno di pennarelli
da usare
su fogli i cui margini
sono complicati da rispettare:
a quell'età
cosa vuoi ti debba limitare?
Ci sono mica momenti
come questo
che passo a fare gli origami
con le strade che
mi riportano a casa di notte:
ripiegarci dentro le parole
le offese e le sconfitte
che non riscatto mai
e non mi importa mai
ché quello che conta
è quest'aria mielosa
e leggera insieme
a rendermi molli
le ginocchia ché
fatico a stare in piedi
e non dormo mai.
Così dimostro
a me stesso
-e chi altri?-
cosa sono diventato
cosa mi sono conquistato
mentre il mondo si
dimentica le mani
affondate nella terra
e io rimango con questo
cielo azzurrino timido
ancora un po'
così
per vedere
ancora una volta
come va a finire.

Saturday, February 20, 2010

Il Distacco Della Retina

Se al posto degli occhi
tu avessi dei fari
ma non di automobile,
fari di insenature,
che bello sarebbe che bello
ascisse e ordinate
per rientrare dal mare
che bello sarebbe che bello
lasciarmi per una volta
guidare.
Stracciare le carte
nautiche
piantare il compasso
nel palmo della notte
e soltanto seguendo
le luci smerigliate sull'acqua
attraccare.
Invece io sono
un cretino incosciente
che salpa con niente
scommette col mare.
Che senso può avere
scommettere
con chi rischia
a metà?
Che senso può avere
sperare a metà?
Se invece
al posto degli occhi
tu avessi dei fari
su gambe a strisce
rosse e bianche,
custode di luoghi che ho visto
e non so dimenticare,
che bello sarebbe che bello
ascisse e ordinate sull'acqua
che bello sarebbe
poterti trovare
a casa nel faro
degli occhi
custodi io e te
di posti da non dimenticare:
che bello sarebbe
poi, farmi trovare.
E quando le dita
ricevono il colpo leggero
della gomena,
nel letto a chiudere gli occhi
al posto degli occhi
che hai
accettare il distacco
della retina
dal giorno
tra le tue gambe rosse e bianche
di faro
di nuovo
-diverso-
attraccare.

Tuesday, February 02, 2010

Blù

Tra le cose che mi fanno più
terrore
-pesci rossi a parte-
ci sono quelli che c'hanno
lo sguardo col retrogusto
di infanzia derubata
che gli vedi gli stessi occhi
di quando stavano al campetto
a scalmanarsi
per rifare Vanbasten
oppure gli stessi occhi
di quando gli hanno regalato
dodici pacchetti di figurine dei puffi
zero doppioni
cinque pagine completate.
A me quelli
che a trent'anni o pocopiù c'hanno ancora
quello sguardo lì
mi fanno terrore
paurafisica
perché si capisce che
a un certo bel momento
gli hanno tolto tutto
con un colpo secco
una botta sul tavolo
ché non se l'aspettavano
quindi è venuta via
più roba del previsto.
E quando a un piccoletto
contento nella sua ignoranza
felice di mondo a sua immagine
e somiglianza
più BigJim
(più Hotwheels)
gli togli delle cose
senza spiegare
quello diventa
cattivissimo
una specie di mostro
con una fame da Fiesta
(la merendina)
una fame
di tutte le cose possibili
come se non ci fosse un domani
o chiudessero tutti i negozi
i reparti frigo
con il Fruttolo
tutte le giocattolerie
con la Giraffa
o come se morisse
il signor Roccogiocattoli
insomma così.
Io di quelli c'ho una fifa blù
proprio blù blù
non come
le mille bolleblù
ma
come il mare blù
di questa notte blù
che quando mi pigliano
le paure
non finisce più.
(buh!)

Saturday, January 09, 2010

Spedìta

Tu sai come si cresce?
Mi chiede lei
che va per gli otto
spedita, va
mi chiede
dopo un gelato da due euro
e cinquanta
una cosa enorme
triplogusto
doppiapanna
mi chiede
come chiedono solo
le donne che vanno
per gli otto
-spedite, vanno.
Perché? -le chiedo.
Che bisogno hai
di crescere ora?
-le chiedo-
Che bisogno c'è?
E lei
altrettanto spedita
come quelle parole
che mandi alle undici
di sera
senza troppo ripensarci
perché altrimenti
se le mangerebbe
la tua bulimica
tendenza alla nostalgia,
lei, dicevo,
altrettanto spedita
mi risponde
come fossi un alieno
a cui insegnare l'abbiccì
delle cose terrestri
tipo manica, maniglia, soprammobile
mi risponde che
a crescere si cresce
comunque
dice proprio così:
'comunque'
e a me si stringe il cuore
per quel comunque
come una rassegnazione
come una constatazione
nient'affatto amichevole
e continua:
visto che si cresce, comunque
mi chiede
tu sai dirmi come?
Come si fa?
le chiedo
provando a prendere tempo
con l'ignoranza dei miei
stessi segreti
Come si fa?
No. Lei va spedita per gli otto
e come solo tutte le donne
che van spedite per gli otto
dice solo: come.
Come si cresce?
Lo sai o no?
(Fai bene a spazientirti,
penso: fai bene. Avrai tempo
per le risposte stiracchiate
che mascherano l'assenza
di un'opinione. Di un'emozione.
Fai bene, penso)
Vorrei mi venisse in mente
una di quelle frasi
che poi te le rigiri
e ci ricavi delle morali
una di quelle frasi
che te le segni nell'agenda
e le ritrovi in ritardo
e dici: ecco com'era.
Lei siccome va per gli otto
spedita, va
non disancora lo sguardo
sa che io so
che non so troppo bene
e non molla
perché deve avere risposta
come si cresce:
questa cosa, si capisce,
la ossessiona
come solo una donna
che va per gli otto
-spedita-
certe volte
si impunta.
Io aspetto un secondo
di troppo
aspetto appena troppo
più del limite
consentito
lei sta
per andar via
c'è una scarica
nel ginocchio
una cosa che ho imparato
a riconscere
ne so di cose
ma niente che
potrei spiegarle io
io a insegnare
non son buono.
Fa un giro
una rotazione
-spedita-
sulle punte
delle scarpe;
fa un giro
con gli occhi
che non girano
-però-
e mi dice
"Almeno offrimi
un altro gelato
almeno"
Mi stringe il cuore
come per il 'comunque'.
'Almeno'.
"Posso chiedertelo
un'altra volta, almeno?
Fra un po'?"
Sorrido contento di sapere
che -un'altra volta-
non le risponderò.