Friday, July 28, 2006

Mesi



È difficile. Questo è tutto quello che so.
È passato quasi un anno.
Non scrivo più da mesi.
Oggi ho comprato un mixer e, in fondo, è lo strumento che vorrei poter applicare a quello che vivo. Qualcosa che riporti i livelli al giusto equilibrio. Che alzi il volume di quello che ormai sussurra, che abbassi il tono di quello che dovrebbe scemare.
Mesi.
Mesi durante i quali ho imparato a resistere. Chiudere tutto e resistere. Al dolore, alla mancanza di rispetto. A quello che ho perso e che, contemporaneamente, non ho mai perso. Ho scoperto di essere in grado di faticare. Davvero. Di saper cercare. Guardare quello che trovavo e continuare. Ho scoperto che mi spavento poco. Che non sono capace di tutto. Si chiamano limiti. O forse confini.
Mesi.
Mesi in cui ho imparato a vivere di risorse. A sorridere di sorrisi che partono dal profondo. A guardare con chiarezza le persone. Scegliere, scegliere e poi ancora scegliere. Scegliere anche quando non sembra esserci più nulla da preferire. Nulla che si possa chiamare 'desiderio'. E poi scoprirlo ancora e ancora sentirlo accartocciarsi. Come l'ennesimo foglio su cui non scrivi nulla. Come l'ennesima frase che non potrai dire. Che dovrai tenere per te.
Mesi.
Mesi in cui apri le mani e le scopri pronte. Pronte e vuote.
Mesi.
Mesi di congetture e speranze. Convinzioni che si gonfiano e si spaccano come il legno quando il caldo e il freddo si alternano. Sconfitte enormi. Vittorie che stanno tutte in una tasca. Tanti, tantissimi passi. E, per la prima volta nella mia vita, camminare e non capire niente. Non riuscire a capire niente.
Mesi.
Mesi impacchettati. Chiusi nella carta da lettere. Email, foto, la testa pesante. Nessuna mattina diversa dall'altra. I corvi in giardino. Bologna col sole. Gli amici che non sanno. Mio nonno che muore. Tenere tutto lontano da tutto. Salvarmi e salvarti. Tutto al riparo. Neanche una doccia finita senza un pianto.
Mesi.
Mesi con un telefono davanti. Nella tasca dei pantaloni. Aspettare e scoprire che l'attesa non serve a nulla. Agire. Il coraggio. Scusarsi. Rimediare. Nessuna possibilità di farlo. Nessuna. Chiedersi se si è in grado. Mettersi alla prova. Milioni di bicchieri d'acqua. Come stai? Non rispondere non pensarci non darsi il tempo di rispondere. Perché? Perché è una domanda come un'altra. Basterebbe un attimo. Anche ora? Non lo so. Lo so benissimo.
Mesi.
Cos'è che non ho fatto? Cosa avrei potuto fare? Quando ho deciso che era abbastanza? Chi c'è? Cosa credi di aver capito? Nulla.
Mesi.
Tutti i venerdì. Non parlo di mia madre. Parliamo di mia madre. Sentire uno scricchiolio costante. Sono io? No: sei tu. Crepe. I colori che emergono di nuovo uno alla volta. Come in una gigantesca camera di sviluppo. Ho delle braccia. Le mani sono sempre quelle. Pronte e vuote. Trentotto chilometri al giorno. Ho ancora un corpo. Non ci disegno strade. Non lascio che ne disegnino. Milioni di bicchieri d'acqua. Pronto, buongiorno mi dica. Vite. Io sono ancora una persona gentile. So come si fa luce. So innamorare. So ancora innamorarmi? Milioni di bicchieri. C'è ancora musica.
Mesi.
È quasi un anno. Sono altrove. Un anno al di là. Tre passi. Uno, due, tre. Mi giro e non capisco ancora del tutto. Mi giro e ancora ti trovo. Le mani ancora pronte e vuote. Continuo.

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