Wednesday, February 27, 2008

Salvezza




E questo? "Perché non è mio, questo?". Sbatte sbatte il dito sulla mappa aperta, spianata voracemente. Le mappe hanno questo fondamentale problema: finiscono. I territori no. I territori sono uno scherzo dello sguardo che certi confini immaginano di poter restringere a campo visivo. E questo? "Perché non è mio, questo?". C'è un limite. Un limite in superficie che ci si sforza di aggirare scendendo in profondità. Barattando il chiaro dell'evidenza con lo scuro dei fantasmi ficcati in fondo ai cassetti. Negli interstizi delle pagine di libri che non apriremo mai più. Avanza e avanza, procede attorno erodendo la terra sottostante. Drenando la base dei passi altrui (i tunnel a riva con la sabbia che scivola in risacca). Non c'è terra gentile, terra dove il riposo ti sarà lieve. C'è terra che scalci all'indirizzo di chi -ti- vòlta le spalle verso qualcosa di meno importante. Qualcosa che, presto o tardi, prenderà fuoco e allora speri, con tutte le tue forze speri, che quelle spalle imparino a mangiare fumodenso e neropesto perché -sia chiaro, una volta e per sempre- sul tavolo non gli rimarrà altro che una manciata di parole e una superstizione dura a morire, nonostante il tempo. Si chiama Rivelazione e a quel punto non hai scelta: la propaghi o la inghiotti. Che tu taccia agli altri il suono della tua voce sgraziata o sbraiti di tradimenti, complotti e congiure con un sorriso aguzzo affamato di salvezza, niente verrà a salvarti. C'è un punto che non è sulle mappe e che il territorio nasconde -e questo? "Perché non è mio, questo?". Ci abitano le cose che ti sfuggiranno e che tu fingerai di non rincorrere e da cui ti affannerai a fuggire. E' una corsa illusoria: una corsa in tondo. Anche se gli dai la forma di un tubo del diametro di venti centimetri, interrato quanto basta a nasconderlo all'evidenza di una strada che non sai e che intravedi, segnalata da persone come puntelli di cui calcoli l'orientamento. La stessa strada che divori in un pranzo in cui tutti ti ignorano. In cui tutti ignorano la tua andatura incerta e protesa, da squalo morente e pronto a serrare le mandibole contro il vetro di un acquario dietro al quale la stessa gente ride, con un misto di paura, vomitevole contegno e scherno -ride. Hanno trovato la maniera di procedere ancora più in profondità del tuo neropesto. Hanno trovato il modo di scavare in superficie. Puliti e persino più feroci di te. Vincono partite senza neanche presentarsi al tavolo. Parlano di concessioni ed è quello che fanno. Concedono aria a chi ne toglie e soffoca lui stesso avvelenato dal cibo che ormai puzza di neropesto, il fumodenso che traspira dagli occhi, esonda dai baffi, dalle camicie, dalle dita che puntano ai suoi fantasmi dietro il vetro spesso di un acquario. Sputi e annaspi e il gioco non valeva la candela, non valeva gli incendi. Non valeva niente in confronto alle fratture, alle crepe della terra che non ti sarà lieve. Si chiama sconfitta ed è anche questa una Rivelazione. La terza in ordine di tempo, ingolfata nel rantolo di bestia che credi morta, incastrata tra i canini altrui, persa nel tratto di penna che completa la mappa cocciuta e maldestra di chi non capisce il valore della resa. Il momento in cui tutto crolla e ammette le reali proporzioni. Tu invece ti ostini e opponi un ultimo getto nero nell'aria. Zampilli e spacchi crani altrui come fossero il tuo. Non ne esce nulla. Qualcuno provvisto di una cannuccia più lunga della tua ha succhiato quello che hai accumulato. C'è sempre qualcuno che drena qualcun'altro e mentre scendevi in profondità, mentre ferivi quella terra che non ti è lieve, furibondo, verso il basso e verso ciò che è attorno, dimenticavi l'alto. Un suggerimento specchiato per un attimo in una pozza più nera di te.

2 comments:

Anonymous said...
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Intweetion said...
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