Monday, September 24, 2007

May Day


C'è un giorno che inizia. Un giorno che si separa dal sonno con la cautela di una decalcomania, lasciando particelle di inchiostro impresse organizzate in segni. Segni che affioreranno durante il resto del giorno che inizia con i secondi e minuti che girano mescolati in senso orario. Tanti piccoli gorghi che collassano e, stondando fra loro, stabiliscono quando è il momento di cominciare a prendere il tempo sul serio.
Noi non ci siamo salvati. Non ci abbiamo neanche provato. E non abbiamo vinto né perso. Non abbiamo fatto altro che travasare la sabbia da palmo a palmo fino ad accorgerci che in quel gesto c'era qualcosa che andava via e ci sembrava fosse nostro ed era invece quel fatto spietato e incredibile dei giorni che iniziano e ci sono valigie da riempire stipandole con la geometria necessaria quando non puoi tornare indietro a prendere qualcosa che hai dimenticato. Noi non ci siamo salvati perché ci pareva di affondare più veloce degli altri ed erano solo i sassi nelle tasche che avremmo poi svuotato, divertiti dal rumore dell'acqua che li inghiottiva. Bocconi amari e giganti che schioccavano contro il palato e finalmente poi in gola e più giù fino al buio definitivo di un fondale che non ha mai visto galeoni né carcasse di illusioni.
Noi non ci siamo salvati. Ci siamo persi e poi chiamati come ponti radio d'aiuto tra due luoghi in cui nascono segnali deboli ma ostinati. Segnali che non accettano di cambiare frequenze e aspettano aspettano e aspettano che le onde entrino in sintonia, che la voce, gracchiando, agganci il segnale e -finalmente- risponda. Nel frattempo non ci siamo salvati. Ci sono stati naufragi e smarrimenti, coste invitanti con gli scogli appena sotto la superficie dell'acqua, piattaforme perse nella loro solitudine artificiale e persino altre imbarcazioni sperdute come la nostra, ma piene di provviste e barili stracolmi: privi di destinazione e buoni da consumare.
Quand'è stata l'ultima volta che ho visto un giorno iniziare?
Noi non ci siamo salvati anche se abbiamo tenuto decine di rotte diverse nella speranza di arrivare almeno al termine di una. Quanto è stato strano scoprire che bisognava procedere in circolo, riaffascinarsi agli specchi d'acqua e a quello che passa e diventa altro ad ogni giro. Trasformarsi. Non chiedersi dov'era il varco che ci avrebbe portati in salvo, smettere di cercare di fermarlo tra un elenco di possibilità che frullano come tabelloni degli arrivi e partenze. Smetterla. Sedersi stanchi e guardare appena più in basso e in qualche modo indietro, passare più volte l'indice sulla superficie nuova di un braccio appena guarito e ridere della propria preoccupazione di non riaverlo mai più.
Noi non ci siamo salvati. Non abbiamo vinto e non abbiamo perso.
Quand'è stata l'ultima volta che ho respirato?
C'è un giorno che inizia scollando tutti i manifesti di una stagione passata ad evitare sguardi e incontri. C'è chi già incolla nuovi inviti e nuovi appuntamenti da non disattendere con un piacere in più. Uno strato di voglia aggiunto e sguardi lanciati come il filo per i panni stesi da una finestra all'altra: qualcun'altro guarderà in su e a qualcos'altro guarderemo.
'Stavolta, camminando. Senza aspettare di essere salvi mai.

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